Valutare la capacità di ricoprire certi incarichi senza costrizioni deontologiche
Caro Direttore,
la nostra è una categoria professionale simpatica: l’unica che abbia delle propensioni masochistiche, sperando che dalla autoflegellazione, qualcuno ci riconosca dei meriti.
Non ho mai sentito che gli avvocati proponessero di limitare il numero delle cause da ciascuno patrocinate, che i notai volessero limitare il numero dei rogiti stipulati, che gli ingegneri proponessero un limite alle case da progettare, i dentisti ponessero un limite alle otturazioni da effettuare e così via.
L’unico limite che mi sovviene è quello imposto ai medici di base, che però sono pagati con soldi pubblici.
Credo che essere professionisti voglia dire essere in grado di valutare le proprie forze (e i rischi) per affrontare deontologicamente gli impegni assunti, senza costrizioni di tal fatta da parte di norme – seppur deontologiche – che non hanno pari in altre professioni.
Deontologia, preparazione, serietà, credo sia elementi imprescindibili delle professione.
Esistono già norme del codice civile, che prevedono pesantissime responsabilità per tali incarichi, senza ricorrere a norme deontologiche.
Ma, a voler affrontare seriamente la questione, mi pongo e pongo alcune domande: il limite agli incarichi prevede una esclusiva attivività in tale senso? Diversamente, assieme al numero di incarichi di sindaco, vanno valutati anche gli altri incarichi professionali? Con quale metodo? Ad esempio: un incarico di curatore, quanti collegi sindacali vale, 5 o 10? Ovvero un incarico di sindaco vale 10, 20 o 30 dichiarazione dei redditi? E la predisposizione di una domanda di concordato? E gli incarichi di solo revisore, anche quelli vanno limitati, con gran tripudio delle società di revisione, che stanno assistendo a tale dibattito fregandosi le mani?
Il riferimento al TUF credo sia del tutto inappropriato, dato siamo in un altro mondo, molto più sensibile e delicato, quello del risparmio.
Invece di occuparci di questioni a tutela della categoria, facciamo di tutto per dare in mano ad altri pericolosi strumenti.
È proprio vero quanto diceva il Ministro Visentini, che era un avvocato, quando faceva visita ai nostri consessi : “al tempo dei Romani, chi siedeva in Senato erano spesso avvocati; i conti li facevano gli schiavi”.
Non mi sembra che ci siamo di molto mossi da lì dato che, ad esempio, altre su problematiche – queste sì, veramente pericolose, con pesantissimi oneri senza senza onori (ad esempio gli obblighi antiriciclaggio) – non si è aperto alcun dibattito.
Roberto Fracas
Ordine Dottori Commercialisti ed Esperti contabili di Pordenone
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