Per semplificare dateci almeno un anno di tregua
Nel secondo capitolo del capolavoro di Lewis Carroll “Attraverso lo specchio”, quando la Regina Rossa incontra Alice nel giardino dei fiori parlanti, immediatamente la mette in guardia: ”Qui devi correre al massimo, se vuoi rimanere ferma. E se vuoi andare da qualche parte devi correre almeno il doppio di così”.
L’immagine elaborata da Carroll è così potente da descrivere in modo straordinariamente evocativo molte situazioni. Per tutti coloro che non possono beneficiare di diritti acquisiti e devono guadagnarsi ogni giorno il diritto all’esistenza, in natura come in economia, funziona proprio così. Correre al massimo per rimanere fermi, correre il doppio per provare a muoversi.
Questa è la situazione nella quale vivono i commercialisti da moltissimi anni. Infatti, pur soggetti a obblighi deontologici, non disponiamo di alcun diritto acquisito né sostanzialmente di alcuna esclusiva. Siamo soggetti alle dinamiche concorrenziali come qualsiasi attività economica, tutti possono fare sostanzialmente tutto quello che facciamo noi senza soggiacere ai nostri vincoli deontologici. Sul punto anche la Cassazione è stata chiara: puoi tranquillamente fare il commercialista senza esserlo, basta che non dici che lo sei.
Nel nostro caso tuttavia si aggiunge un aspetto ulteriore sottilmente perverso.
Uno degli elementi che rende per qualsiasi azienda di fatto impossibile rimanere ferma è l’evoluzione tecnologica. Per molti però proprio la tecnologia rappresenta un elemento distintivo, una chiave di successo per imporsi sul mercato, una modalità per rendere più efficienti, e quindi più redditizi, i processi produttivi. In altre parole, la tecnologia, se la domini, rappresenta normalmente un punto di forza.
Per noi commercialisti invece la tecnologia è stata più che altro la chiave attraverso la quale è stato possibile ad una pluralità di soggetti scaricare sui nostri studi una quantità immensa di lavoro. Con una progressione costante e inesorabile l’informatica ha di fatto permesso che una massa enorme di lavoro, che prima veniva svolto dall’Agenzia delle Entrate, dal Registro delle imprese, dalle Camere di Commercio, dall’INPS, dall’INAIL, dalle banche, venisse ora svolto gratuitamente da noi e dal nostro personale.
Miliardi di ore di lavoro spese a produrre dati in formato elettronico, ordinati e diagnosticati in tempo utile per rispettare le scadenze unilateralmente fissate (e a volte magnanimamente prorogate) dagli enti che possono così acquisirli “con un semplice click”.
Ma fin qui potrebbe ancora andare bene, anche se la leva obbligatoria è stata abolita da anni (e il soldato di leva per la verità una paghetta la riceveva). Tutti abbiamo a cuore la nostra nazione, e ogni occasione per renderci utili al Paese non può che farci piacere.
Tuttavia, il principale effetto perverso della tecnologia sulle nostre vite è stato il fatto che l’elettronica ha legittimato i vari Enti a pretendere ogni sorta di dato, con una rincorsa infinita. Spesometri, redditometri, XBRL, migliaia di studi di settore, centinaia di quadri dichiarativi, se si dovessero produrre e soprattutto elaborare “manualmente” a nessuno sarebbe venuto in mente di richiederli.
È la mole spaventosa dei dati richiesti che ha stravolto e travolto la nostra attività e ha impedito che la tecnologia rappresentasse per noi un’opportunità di sviluppo. Il computer ti farà pure andare più svelto, ma se al posto di dieci cose ne devi fare mille …
La rincorsa alla richiesta di dati dura ormai da almeno 20 anni, ma non pare abbia prodotto risultati sostanzialmente positivi.
In nessuno di questi venti anni ci è stato detto almeno una volta che l’evasione si è ridotta, anzi ci dicono che è sempre altissima, esattamente come sentivo dire quando i modelli dichiarativi erano di sei pagine. Allo stesso modo, i bilanci super tabellati di oggi non hanno ovviamente impedito i fallimenti crescenti e le recenti bancherotte anche illustri.
Dopo l’estate sono stati annunciati propositi di attenuazione nella corsa agli armamenti telematici, timidi segnali nella direzione della semplificazione (altro mantra che sento ripetere da quando ero implume studente di economia).
Mi permetto sul punto di esortare a non banalizzare la questione per l’ennesima volta, togliendo qualche rigo qua e là. Gli interventi devono essere drastici e consistenti, se no è meglio non fare niente. Proprio perché l’edificio è ormai una torre di babele, ogni modifica impone sforzi di adeguamento enormi dei sistemi e delle persone, aggiungendo pressione ad una situazione che è già al collasso. Per questo deve valerne davvero la pena, se no è meglio non toccare niente.
Anche un anno di tregua, provando a fare con quello che abbiamo, sarebbe già una grande semplificazione.
P.S. Non resisto, lasciatemelo dire. In Eutekne ci abbiamo provato ad usare la tecnologia una volta tanto a nostro vantaggio, per rendere più efficace ed efficiente il nostro lavoro e non solo quello degli altri. Se avete ancora un minuto, date un’occhiata alle nuove Guide Eutekne al link www.eutekne.it/Public/Landing/GuideEutekne/index.html.