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Liquidazione equitativa dei danni tra «sbilancio fallimentare» e «netti patrimoniali»

/ REDAZIONE

Sabato, 3 febbraio 2018

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La Suprema Corte, nella sentenza n. 2628/2018, ricorda come la Cassazione a Sezioni Unite n. 9100/2015 abbia chiarito la portata del criterio dello “sbilancio patrimoniale” nelle cause di responsabilità di cui all’art. 146 secondo comma del RD 267/1942, mettendo in evidenza che la mancata (o irregolare) tenuta delle scritture contabili, pur se addebitabile all’amministratore convenuto, non giustifica che il danno risarcibile sia determinato e liquidato nella misura corrispondente alla differenza tra il passivo accertato e l’attivo liquidato in sede fallimentare.
Ciò poiché tale criterio può essere utilizzato solo quale parametro per una liquidazione equitativa, ove ne sussistano le condizioni e sempreché il ricorso a esso sia, in ragione delle circostanze del caso concreto, logicamente plausibile e l’attore abbia allegato un inadempimento dell’amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato, indicando le ragioni che gli hanno impedito l’accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell’amministratore medesimo.

Successivamente, peraltro, la Cassazione n. 9983/2017 ha ulteriormente precisato il concetto, estendendolo anche al distinto criterio dei “netti patrimoniali”, nei casi in cui – ovviamente – tale criterio resta utilizzabile: nel senso che pure questo rimane vincolato ai presupposti della liquidazione equitativa, e dunque parimenti suppone un utilizzo congruente con le circostanze del caso concreto.

Ad ogni modo, l’accertamento delle circostanze di fatto legittimanti l’utilizzo dei criteri equitativi è sempre riservato al giudice del merito.

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