Non si distrae il mero avviamento
La Cassazione, nella sentenza n. 5357/2018, ha affermato che, se per avviamento commerciale deve sinteticamente intendersi la “capacità” di profitto di un’azienda (o, più correttamente, la capacità di produrre sovraredditi), e se il suo valore deve intendersi come il plusvalore dell’azienda avviata, non è dubitabile che esso non rappresenti per l’imprenditore una mera aspettativa di fatto, ma costituisca, invece, un “valore” dell’azienda che lo incorpora.
In tal senso, dunque, l’avviamento sarebbe una mera qualità del bene (nello specifico l’azienda) e in quanto tale non potrebbe costituire oggetto di distrazione indipendentemente dal bene cui è riferito. Oggetto di distrazione, infatti, sono i beni dell’impresa e non il “valore” di quest’ultima, in quanto questo dipende inevitabilmente dalla sommatoria dei primi che lo incorporano.
In quanto autonoma componente del valore dell’azienda, l’avviamento presenta una indubbia natura patrimoniale ed è suscettibile di quantificazione economica, ma non per questo può costituire oggetto di autonoma disposizione, risultando inscindibile dall’azienda medesima.
Una volta stabilito che l’avviamento ha una intrinseca natura patrimoniale ed è suscettibile di valutazione economica, il suo essere una “qualità” dell’azienda non ne pregiudica la vocazione a costituire l’oggetto materiale della bancarotta, ma nei termini indicati.
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