Se le dimissioni sono nulle le retribuzioni dovute si calcolano dalla data della sentenza di illegittimità
Con la sentenza n. 21701, depositata ieri, la Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di conseguenze sul piano retributivo dell’accoglimento giudiziale della domanda di annullamento dell’atto di dimissioni per incapacità di intendere e di volere.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva annullato l’atto di dimissioni sottoposto al suo esame, ritenendo che il lavoratore avesse agito in condizioni di turbamento psichico tali da impedirgli di autodeterminarsi liberamente e di apprezzare l’importanza dell’atto in relazione alle sue condizioni economiche e ai suoi rapporti familiari e sociali.
In conseguenza della pronuncia di annullamento, la Corte di merito aveva condannato la parte datoriale al ripristino del rapporto di lavoro e alla corresponsione delle retribuzioni maturate dal lavoratore dalla data della domanda giudiziale.
Tale soluzione, però, non è stata condivisa dalla Cassazione, la quale ha invece dato espressa continuità al contrario orientamento consolidatosi in materia, secondo cui, nell’ipotesi di annullamento di dimissioni, le retribuzioni spettanti al lavoratore dimissionario vanno calcolate dalla data della sentenza che dichiara l’illegittimità dell’atto di dimissioni.
Si ricorda che, oltre che per stato di incapacità di intendere o di volere (anche transitorio), le dimissioni possono essere annullate per violenza (anche solo morale) esercitata dal datore di lavoro (es. minaccia di licenziamento per giusta causa in assenza del diritto del datore di lavoro al licenziamento per insussistenza dell’inadempienza addebitata al lavoratore), dolo ed errore (di diritto, essenziale e riconoscibile dal datore di lavoro).
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