Concorso tra dichiarazione infedele e omesso versamento IVA
La Cassazione, nella sentenza n. 48246 depositata ieri, ha precisato che tra le fattispecie di dichiarazione infedele (art. 4 del DLgs. 74/2000) e di omesso versamento IVA (art. 10-ter del DLgs. 74/2000) non esiste alcun rapporto di consunzione, assorbimento o specialità tale per cui l’omesso versamento dell’IVA indicata nella dichiarazione infedele costituirebbe un post factum non punibile. Le due fattispecie si pongono in rapporto di reciproca e radicale estraneità e ben possono concorrere tra loro.
In particolare, posto che nella materia del concorso apparente di norme opera il solo criterio di specialità di cui all’art. 15 c.p., la Suprema Corte osserva come tra le fattispecie in questione non sussista alcun rapporto di specialità.
Ai fini dell’integrazione del reato di omesso versamento IVA è necessario e sufficiente che il relativo ammontare risulti dalla dichiarazione, senza ulteriori aggettivazioni; a prescindere, quindi, dalla natura (fraudolenta o infedele) della dichiarazione stessa. La condotta omissiva consiste nell’omesso versamento dell’IVA così come dichiarata.
Nei reati c.d. dichiarativi, invece, la condotta attiva è volta a rappresentare una base imponibile inferiore a quella reale; il reato di omesso versamento IVA è privo di tale caratteristica. Quest’ultimo, inoltre, è punito a titolo di dolo generico, a prescindere, quindi, dal fine di evasione che caratterizza tutti i reati dichiarativi.
La diversità delle relative condotte esclude, altresì, che possa ipotizzarsi una unicità del fatto sotto il profilo della corrispondenza storico-naturalistica tra condotta ed evento materiale. L’identità della dichiarazione non giustifica tale conclusione: il reato di dichiarazione infedele si consuma con la presentazione della dichiarazione stessa; il reato di omesso versamento IVA si consuma nel diverso termine previsto per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo.
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