Accertamento presuntivo illegittimo se non distingue tra le diverse tipologie di attività
L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 27612, depositata ieri, presenta profili di interesse in tema di ricostruzione del reddito mediante il metodo presuntivo di cui all’art. 39 comma 1, lett. d) del DPR n. 600/73.
Nella vicenda in esame, l’Agenzia delle Entrate aveva ricostruito induttivamente i ricavi di un albergo determinando il numero di porzioni somministrate sulla base delle fatture di acquisto di alcune tipologie di merci (acqua, vino, birra ed altro).
La società non condivideva il metodo di calcolo in quanto l’Amministrazione finanziaria non aveva tenuto conto della circostanza che l’albergo, in realtà, svolgesse una pluralità di attività e, in particolare, di bar, ristorazione ed alberghiera.
Pertanto, visto che gli accertatori avevano erroneamente considerato i prodotti venduti tutti nel medesimo comparto, imputandoli all’attività di bar, l’accertamento non poteva che considerarsi illegittimo.
I giudici di legittimità, nell’accogliere le doglianze del contribuente, evidenziano come, una volta contestata la quantità complessiva di merce acquistata nel suo insieme ed una volta accertato che tale merce è stata utilizzata in diversi comparti e non in uno solo, non è corretto, a fronte dell’allegazione di fatture relative ad entrambi i comparti, dedurre che parte della merce sia stata ceduta “in nero” senza fatturazione.
La pronuncia in commento è peculiare in quanto viene evidenziata la necessità di valutare, nel caso concreto, la possibilità che, al variare delle attività esercitate dal contribuente accertato, possa variare il risultato calcolo dei proventi che una singola merce è in grado di generare.
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