Il piano di rientro non prova il rilascio delle certificazioni
La Cassazione, nella sentenza n. 49705/2018, ha precisato che il “piano di rientro” relativo a ritenute fiscali non versate, concordato tra il rappresentante legale di una società che ha presentato il modello 770 e l’Agenzia delle Entrate, costituisce solo un (ulteriore) indizio circa il rilascio delle relative certificazioni, di per sé non rilevante ai fini dell’integrazione della fattispecie di cui all’art. 10-bis del DLgs. 74/2000, nella versione anteriore alle modifiche del DLgs. 158/2015.
In tema di omesso versamento di ritenute “certificate”, in esito alla modifica apportata dall’art. 7 del DLgs. 158/2015 all’art. 10-bis del DLgs. 74/2000, che ha esteso l’ambito di operatività della norma alle ipotesi di omesso versamento di ritenute dovute sulla base della dichiarazione proveniente dal datore di lavoro (modello 770), deve ritenersi che, per i fatti pregressi, ai fini della prova del rilascio al sostituito delle certificazioni attestanti le ritenute operate, non è sufficiente la sola acquisizione della dichiarazione modello 770 (così Cass. SS.UU. n. 24782/2018); e, comunque, al fine di provare il rilascio delle certificazioni – sia esso configurato quale elemento costitutivo o presupposto del reato – è ben possibile anche il ricorso a prove documentali o prove orali (tra cui in primis le dichiarazioni rese dal sostituito). Tale onere incombe sul PM.
La presentazione del modello 770 può, allora, costituire mero indizio del rilascio delle certificazioni ai sostituiti, esso necessita, in quanto tale, di essere valutato in base ai criteri dettati dall’art. 192 comma 2 c.p.p. (a norma del quale: “l’esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti”). Ai fini della prova, invece, occorrono più indizi gravi, univoci e concordanti, valutati nel loro insieme unitario.
In tale contesto, peraltro, il “piano di rientro” con l’Agenzia delle Entrate concordato dall’imputato nella qualità di legale rappresentante della società, e non quale persona fisica imputato, non è che un ulteriore elemento indiziario, rappresentato da un comportamento dell’imputato, successivo al fatto oggetto di contestazione, e sganciato dalla “persona” dell’imputato medesimo. Diverso ragionamento, invece, si sarebbe potuto condurre ove vi fosse stata coincidenza soggettiva tra contribuente persona fisica ed imputato (ad esempio, ove questi fosse stato titolare di ditta individuale).
Diversamente ragionando si rischierebbe un’inammissibile inversione dell’onere della prova, di tal che dovrebbe essere l’imputato a fornire la prova del mancato rilascio delle certificazioni ai sostituiti.
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