Le violazioni doganali non incidono sull’utilizzo del deposito IVA
La Cassazione ha stabilito che anche in presenza di un certificato di origine falso è possibile assolvere l’IVA con il reverse charge
La Cassazione, con la sentenza 14 febbraio 2019 n. 4384, ha affermato che la falsità dei certificati di origine preferenziale comporta la ripresa a tassazione dei maggiori dazi, ma non anche dell’IVA all’importazione assolta con il meccanismo del reverse charge all’atto dell’estrazione della merce dal deposito fiscale, giacché, altrimenti, si verificherebbe un evento di “doppia imposizione”.
Il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte rispetto ai certificati di origine (EUR 1) è di assoluto rilievo poiché “separa” il piano delle violazioni in materia doganale, che incidono sulla determinazione dei dazi e degli altri diritti di confine, rispetto al corretto assolvimento dell’IVA all’importazione.
La vicenda oggetto della
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