Spesa patrimoniale valida anche per gli anni post accertamento
Per quanto riguarda il vecchio redditometro, nella versione ante DL 78/2010, esiste ancora un folto contezioso.
Ai sensi dell’art. 38 del DPR 600/73 ante DL 78/2010, la spesa patrimoniale si presume sostenuta con redditi conseguiti, per quote costanti, nell’anno dell’effettuazione e nei quattro precedenti.
Gli uffici, si ricorda, utilizzavano l’accertamento sintetico nei modi più disparati, uno dei quali, relativamente all’imputazione per quinti della spesa patrimoniale, è il seguente.
Si accertava ad esempio l’anno d’imposta 2006, andando a considerare investimenti dell’anno 2008 e “spalmando” a ritroso i vari quinti di competenza degli anni precedenti.
Ciò per “sfruttare al massimo” la vecchia disciplina, operante sino al 2008 (dopo, l’intero incremento patrimoniale sarebbe stato imputato, quale maggior reddito, nell’anno del sostenimento, sempre ferma restando la prova contraria).
Questa prassi, oltremodo discutibile, è stata considerata legittima dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 29189 depositata ieri.
Per i giudici, nessuna norma osta alla prassi consistente nel considerare incrementi patrimoniali avvenuti in anni successivi a quello accertato, imputando poi a ritroso il quinto della spesa.
Di tenore opposto era stata la sentenza n. 7147 del 2016, secondo cui, tra l’altro, in questo modo verrebbe lesa la continuità dei periodi d’imposta da accertare, e si realizzerebbe una esorbitante potestà per l’Ufficio, che considererebbe elementi indiziari di capacità contributiva su annualità per le quali non sussistono indizi di non congruità.
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