Vanno condivise linee d’azione comuni per un «restart» della professione
Gentile Redazione,
sono prossime le elezioni degli Ordini locali dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, cui seguirà quella del Consiglio Nazionale. La categoria vive un momento difficile, acuita dagli effetti indotti dal COVID-19. Da troppo tempo non è ascoltata, perché poco considerata. È percepibile un senso di sfiducia e di preoccupazione in proiezione futura.
È un momento di profonda riflessione sulle iniziative da intraprendere. Gli Ordini locali, le Associazioni di categoria e il Consiglio Nazionale dovrebbero condividere linee d’azione comuni, da portare avanti con determinazione. Il dialogo è sempre costruttivo, ma solo se gli interlocutori hanno intenzione di ascoltare. Lo sciopero può essere uno strumento per inviare un segnale del disagio della categoria, puntando direttamente al cuore del problema. Che cosa rivendicare?
Identità e rispetto. Alla categoria manca il riconoscimento del ruolo che svolge, in concreto, nel contesto economico e civile, per qualità professionale e importanza del lavoro svolto. Occorre partire chiedendo una modifica del DLgs. 139/2005, che introduca la riserva di legge per le attività specificamente previste ai commi 2 e 3 dall’art. 1 del decreto, fatte salve le prerogative attribuite alle altre professioni regolamentate. Inutile girarci intorno, la questione è e rimane sempre la stessa: ci devono essere normativamente riconosciute competenze che ci distinguano da chi non ha un eguale background professionale.
Ma non basta. Occorre spingerci più avanti, pensando a un quadro di riferimento della nostra professione orientato al futuro, a favore soprattutto dei giovani, concentrandoci in proposte operative per ampliare la nostra attività. In sostanza occorre ottenere il riconoscimento a svolgere prestazioni – che oggi non possiamo finalizzare in quanto precluse (es. cessione/affitto rami d’azienda, costituzione e operazioni societarie relative alle società non spa, ecc.) – in un virtuoso mercato aperto alle “competenze concorrenti” con altre professioni regolamentate.
Non ci mancano, certo, capacità e serietà. L’osservanza alle norme in materia di antiriciclaggio, nonché il controllo sull’attività professionale, unito a quello delle autorità competenti, sono garanzie più che sufficienti del corretto adempimento delle prestazioni. Le scuole di specializzazione possono essere la chiave per consentire di perfezionare la nostra conoscenza e consentirci di estendere le nostre attività.
Dobbiamo, inoltre, puntare su una resilienza trasformativa. Le nostre bussole per il futuro, ovvero cultura, connessioni, formazione, saranno sempre più necessarie, solo se adeguate a un contesto di trasformazione nell’organizzazione degli studi. Abbiamo ormai capito che, in un un’ottica di posizionamento strategico, occorrono più tecnologia e competenze diversificate. Lo scibile tecnico è talmente ampio da imporre scelte d’indirizzo e conseguenti nuovi piani organizzativi.
Associazioni, Ordini locali e Consiglio Nazionale dovrebbero spingere verso forme di aggregazione professionale, sollecitando soluzioni legislative per favorirle, puntando a rimuovere ostacoli normativi e fiscali, che oggi ne costituiscono un freno. Aggregazioni nelle quali far convergere ogni tipo di professione tecnico/intellettuale, quindi multidisciplinari, al fine di concentrare e condividere opinioni ed esperienze, sfruttando competenze trasversali.
La concentrazione appare un obiettivo primario, anche al fine di innovare gli studi, utilizzando appieno i nuovi strumenti che la tecnologia ci metterà a disposizione. Le macchine o l’intelligenza artificiale non risolveranno mai i problemi: la presenza del professionista sarà sempre necessaria, ma la tecnologia può aiutarci a fare meglio e in minore tempo il nostro lavoro. Il futuro della professione è stato e sarà sempre il sapere, al pari di tutte le altre professioni intellettuali, e, benché molto dipenda dalla tipologia della clientela, i numeri sono numeri e, se correttamente analizzati e interpretati, consentono di indurre i clienti alla riflessione e a valutare più opzioni.
Sfruttando appieno la tecnologia, potremmo essere in grado di anticipare le informazioni che servono ai nostri clienti per adottare le decisioni più opportune. Non basta più interpretare i dati, bisogna possedere specifiche metodologie di analisi, di elaborazione e di presentazione dei risultati e dobbiamo anche essere capaci di comunicare ai clienti le informazioni in forma sintetica, efficace, immediata.
Ci sono anche tanti altri problemi da risolvere, ma ritrovare un’identità, investire nella riorganizzazione degli studi, puntare su tecnologia e formazione dovrebbero essere i capisaldi per una ripartenza in prospettiva futura.
Alessandro Savorana
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano
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