Ho ricevuto una «sanzione/non sanzione» per uso improprio dei social
Gentile Redazione,
sull’uso improprio dei social vorrei far conoscere la mia esperienza di soggetto sanzionato disciplinarmente, ho infatti ricevuto una “sanzione/non sanzione” con tale motivazione. La mia esperienza può essere utile agli utilizzatori dei social e forse anche a chi è chiamato a predisporre le norme deontologiche.
Devo premettere che dal 2016 sono oggetto di stalking dove svolgo la mia attività professionale. Alle prime minacce ho istallato un sistema di videosorveglianza col quale ho potuto documentare e denunciare le poco edificanti attenzioni cui sono soggetto. Dopo circa due anni di “attenzioni”, c’è stata un’aggressione fisica, in effetti le aggressioni sono state due a breve distanza l’una dall’altra ma quella che interessa è la prima in quanto immortalata dalle videocamere e oggetto delle attenzioni disciplinari. Esasperato dalla situazione e provato dagli scontri fisici, ho pubblicato sui social il video dell’aggressione subita, oscurando la faccia del mio aggressore. Questo lo ha indispettito, tanto che si è rivolto sia al mio Ordine professionale per violazione delle norme deontologiche, sia al Tribunale presentando una denuncia. Il Tribunale ha prontamente archiviato il tutto evidenziando che nessun atto illecito era stato da me commesso in quando il soggetto nel video non era identificabile.
Dal punto di vista deontologico le cose sono andate diversamente, la commissione ha ipotizzato nei miei confronti la violazione dell’art. 11. Pur non condividendo tale interpretazione e per il quieto vivere ho accettato la richiesta, della stessa commissione, di eliminare il video dai social pensando che la cosa fosse risolta così. L’ 8 novembre 2019 arriva però la decisione del Consiglio di disciplina che recita così:
“- che dall’esame di tutti gli elementi a disposizione i fatti segnalati, per lo più legati a difficili rapporti di vicinato e per i quali sono pendenti dei procedimenti presso l’Autorità Giudiziaria, non ravvisano comportamenti tali da costituire violazione di alcun articolo del Codice Deontologico della professione;
omissis
delibera
- di non aprire il procedimento disciplinare a carico di Castegnaro dott. Roberto, perché quanto segnalato dal sig. (omissis) non integra comportamenti sanzionabili in base alle norme di legge, dei regolamenti e del Codice Deontologico, disponendo per conseguenza l’immediata archiviazione;
- di richiamare Castegnaro dott. Roberto, affinché utilizzi in modo maggiormente appropriato e discreto i social media;
- di avvertire l’interessato che il provvedimento di archiviazione con richiamo non ha natura di sanzione disciplinare ma che avrà valore di precedente nella valutazione futura di eventuali violazioni della stessa natura (ex art. 5, co. 4 del Codice delle Sanzioni Disciplinari).
Tale provvedimento verrà comunicato a Castegnaro dott. Roberto, e al sig. (Omissis), soggetto che ha dato origine alla vicenda”.
La prima cosa che mi chiedo al ricevimento della comunicazione è come possa essermi stato inflitto un richiamo senza che sia stata decretata l’apertura della procedura disciplinare e con la premessa che non si ravvisavano violazioni del Codice deontologico. A me quel “richiamo”, anche se privo di conseguenze, fa male, in primis perché non lo capisco e poi perché viene inoltrato al mio stalker, senza dimenticare che io sono l’aggredito, non l’aggressore.
Chiedo lumi al mio Ordine professionale, per il quale ho avuto l’onore di ricoprire l’incarico di Consigliere, sul come ricorrere avverso tale decisione, e qui la scoperta: non essendo stata aperta la procedura disciplinare, non è possibile presentare ricorso. La cosa mi lascia stupito, ma l’impossibilità del ricorso mi viene confermata sia dalla commissione che dal Consiglio nazionale; non posso ricorrere avverso tale decisione. Devo rassegnarmi a tenere quella piccola macchiolina sul mio fascicolo. Non potendo presentare ricorso al Consiglio nazionale, presento un’istanza di annullamento in autotutela, evidenziando la condanna senza processo e che sullo stesso comportamento ero già stato assolto dal tribunale ordinario.
A questo punto la commissione qualche dubbio sulla liceità del suo comportamento se lo pone e presenta una domanda al Pronto Ordini. Con il P.O. n. 194/2019 del 16 gennaio 2020, giunge l’avvallo della procedura adottata. Ritenendo che chi emette una condanna senza processo non rispetti le norme deontologiche, a mia volta presento istanza, ma la commissione regionale competente conferma la liceità della procedura.
Concludendo, l’unico modo per ricorrere avverso l’inappellabile decisione sarebbe quello di reiterare la (presunta) violazione, in questo modo forse si aprirebbe la procedura disciplinare. Potrebbe essere un’idea per il prossimo 6 aprile, terzo anniversario dell’aggressione. Nel frattempo, lo stalking continua a livello giudiziario, con denunce e controdenunce.
Roberto Castegnaro
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Vicenza
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