Uno Stato dirigista e un’invasione di campo: uno smacco per imprese e professionisti!
Gentile Redazione,
faccio seguito all’articolo di Savino Gallo del 29 ottobre (si veda “ANC: «No al controllo diretto del MEF nelle imprese»”) per sottolineare l’invasività e l’invadenza della norma che consente allo Stato di nominare un rappresentante del MEF negli organi di controllo degli enti (parrebbe tutti) che hanno ricevuto contributi dallo Stato (con una soglia bassissima di 100.000 euro come limite): e il libero mercato? E la funzione del sindaco scelto dai soci a loro tutela? E l’indipendenza che sempre viene richiesta? E il conflitto di interessi fra lo Stato e le imprese? E la tutela della libera iniziativa imprenditoriale? E il ruolo e la professionalità svolta dai colleghi commercialisti?
Si tratta forse dell’ennesima ammissione di questo Stato di non essere in grado di controllare (il riferimento è alla norma sull’antiriciclaggio!).
Forse si tratta dell’ennesimo tentativo di spending review fatta a carico delle imprese e dei professionisti: il Ministero non ha abbastanza forze interne per controllare e allora impone alle imprese di “mandare a casa” un sindaco liberamente scelto dalla assemblea dei soci per nominare un sindaco “scelto” dal Ministero: e così si risparmia sulle funzioni di controllo che invece dovrebbero rimanere esterne alla società...
Ma questa può essere la punta dell’iceberg di una norma che, se attuata, porterà a significative ingerenze, pesanti conflitti di interessi e, soprattutto, forti scompensi al controllo intero delle imprese e alla limitazione di quel libero mercato che fa la fortuna delle imprese.
Senza contare poi lo svilimento e la poca considerazione per la categoria dei Dottori Commercialisti, che da sempre ricoprono il ruolo di sindaco e ai quali viene sostanzialmente detto che per essere più sicuri viene nominato, al loro fianco, un controllore di Stato.
È l’autorevolezza della Categoria che viene calpestata unitamente alla violazione della libertà dell’imprenditore di determinare le proprie scelte nella propria impresa.
Il tutto a scapito delle imprese più grandi e strutturate che di controlli ne hanno già molti e che fanno delle procedure del controllo interno uno dei capisaldi per la loro organizzazione, peraltro introducendo un limite per la prima applicazione assolutamente basso pari a 100.000 euro: ciò significa che vi sarà l’obbligo di introdurre un controllore di Stato praticamente in ogni singola impresa, oppure un obbligo indiretto delle imprese di rinunciare a qualsiasi contributo: forse un’altra forma di spendig review, indiretta ma molto efficace!
In tutto questo si dimenticano le piccole imprese, che non hanno alcun obbligo di controllo e di pubblicazione di bilancio che possono continuare a ricevere contributi e che non hanno vincoli di rendicontazione.
Si aggiunga inoltre che le imprese organizzate nella forma di società di capitali già oggi indicano nella Nota integrativa (depositata al Registro delle imprese) i contributi pubblici ricevuti.
Forse, nell’ottica di monitorare i contributi pubblici erogati alle imprese (tutte), bisognerebbe piuttosto puntare al controllo (ad esempio attraverso una qualche forma di certificazione di bilancio) di quelle imprese che oggi non devono rendicontare nulla a nessuno (società di persone e ditte individuali) e che sono beneficiarie di contributi pubblici al pari delle imprese più grandi.
Mi aspetterei una forte, fortissima, presa di posizione sia da parte dei vertici e dei sindacati del mondo delle imprese, sia soprattutto da parte dei nostri vertici di categoria perché una norma così umilia e svilisce, come non mai, il nostro ruolo.
E noi tutti attenti al concordato preventivo biennale e alle sue scadenze!
Alberto-Maria Camilotti
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Udine