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Venerdì, 31 ottobre 2025 - Aggiornato alle 6.00

FISCO

Rimborso IVA precluso ai non residenti dotati di S.O. in Italia

Esclusione anche per gli acquisti effettuati direttamente senza coinvolgimento della branch italiana

/ Emanuele GRECO e Simonetta LA GRUTTA

Venerdì, 31 ottobre 2025

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Per i soggetti non residenti, muniti di una stabile organizzazione in Italia, una questione non del tutto pacifica attiene alla possibilità di recuperare mediante rimborso l’eccedenza detraibile dell’IVA italiana.
La questione è stata trattata, solo marginalmente, nella risposta a interpello dell’Agenzia delle Entrate n. 33/2025.

In tale documento di prassi, una società con sede in Germania, dotata di una stabile organizzazione in Italia, effettuava forniture di beni nei confronti di una società cliente residente nel territorio dello Stato e, a sua volta, acquistava detti beni da un sub fornitore italiano.
Trattandosi di beni ubicati in Italia, l’IVA era addebitata in rivalsa da parte del subfornitore italiano. Le operazioni “a valle”, nei confronti del cliente nazionale, richiedevano a loro volta l’applicazione dell’IVA in via di rivalsa, da parte della S.O. italiana (il cui intervento veniva accertato, nella risposta a interpello, come qualificante nell’esecuzione dell’operazione).

L’Agenzia delle Entrate concludeva per l’esclusione del recupero dell’IVA, da parte del soggetto non residente, mediante la procedura di rimborso di cui all’art. 38-bis2 del DPR 633/72, essendo state effettuate operazioni imponibili nello Stato del rimborso.
In subordine, la casa madre tedesca chiedeva di poter presentare istanza di rimborso mediante la dichiarazione IVA (o il modello TR) della S.O. italiana, secondo le modalità stabilite per i soggetti non residenti muniti di un rappresentante fiscale in Italia o ivi identificati direttamente, in base a quanto previsto dall’art. 30 comma 2 lett. e) del DPR 633/72.

Il punto non è stato affrontato nella risposta a interpello n. 33/2025, sebbene l’Agenzia si fosse già espressa con interventi di prassi precedenti.

La norma di riferimento (art. 30 comma 2 lett. e) del DPR 633/72) limita il diritto al rimborso annuale dell’eccedenza detraibile IVA, sempreché superiore a 2.582,28 euro, ai soggetti che si trovino “nelle condizioni previste dal terzo comma dell’articolo 17” (analoga condizione sussiste, per il rimborso trimestrale, ai sensi dell’art. 38-bis comma 2). Si tratta, quindi, dei soli soggetti non residenti in Italia privi di S.O., i quali si sono identificati direttamente ai fini IVA (art. 35-ter del DPR 633/72) o che, in alternativa, hanno nominato un rappresentante fiscale nel territorio dello Stato, nelle forme di cui all’art. 1 comma 3 del DPR 441/97.

Nel caso esaminato nella risposta a interpello n. 33/2025, ragionevolmente il diritto al rimborso mediante la posizione IVA della S.O. italiana veniva escluso per il coinvolgimento della stessa nell’esecuzione delle prestazioni nel territorio dello Stato (con la conseguente necessità di possedere almeno uno degli altri requisiti per il diritto al rimborso IVA dei soggetti “stabiliti”).

Potrebbe, però, sorgere il dubbio che, anche in presenza di una S.O. in Italia, possa essere riconosciuto il rimborso per le operazioni compiute direttamente dalla casa madre (vale a dire senza il coinvolgimento della S.O. in parola).

In termini generali, l’Agenzia aveva osservato, nella risposta a interpello n. 160/2020, che la facoltà del rimborso IVA dev’essere riconosciuta per quelle cessioni o prestazioni domestiche rispetto alle quali il soggetto passivo non residente non si sia avvalso della partecipazione della propria S.O. in Italia.

Tuttavia, nel caso di specie, la S.O. era stata coinvolta nell’importazione in Italia dei beni che venivano poi ceduti dalla casa madre (e l’intervento della S.O. era stato ritenuto determinante per il perfezionamento delle operazioni doganali effettuate dal soggetto non residente).

Posizione restrittiva della Cassazione

In seguito, la sentenza della Cassazione n. 25685/2023 si è espressa in senso restrittivo, affermando che la mera presenza di una S.O. nel territorio dello Stato inibisce la richiesta di rimborso IVA da parte della casa madre e che la fattispecie di cui all’art. 30 comma 2 lett. e) in argomento riservata ai soli soggetti, privi di S.O., identificati ai fini IVA in Italia o che hanno nominato un rappresentante fiscale.

In definitiva, ad avviso della Suprema Corte, la cui posizione è stata fatta propria dall’Agenzia delle Entrate (risposta a interpello n. 87/2024), il soggetto non residente “dotato di effettiva ed operativa stabile organizzazione in Italia non può accedere al rimborso c.d. agevolato (…) neppure con riferimento alle operazioni compiute direttamente, senza cioè il coinvolgimento della stabile organizzazione”. Secondo i giudici, infatti, “la posizione, ai fini dell’IVA, di detto soggetto confluisce «in toto» in quella della stabile organizzazione, con conseguente esercizio del diritto alla restituzione dell’IVA mediante il meccanismo della detrazione”.

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