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FISCO

Scissione tra società semplici senza abuso per società e soci

Non esiste un vantaggio fiscale di cui occorra verificare la natura indebita perché l’operazione è fiscalmente irrilevante

/ Anita MAURO e Carlotta SGATTONI

Venerdì, 2 maggio 2025

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La risposta a interpello dell’Agenzia delle Entrate n. 124 pubblicata il 30 aprile 2025 è il primo documento di prassi con il quale l’Agenzia delle Entrate affronta il tema dell’abuso del diritto dopo l’adozione dell’atto di indirizzo del MEF del 27 febbraio 2025.

L’Agenzia ha evidenziato come, secondo il citato atto di indirizzo, la verifica dei presupposti costitutivi dell’abuso del diritto (realizzazione di un vantaggio fiscale indebito, assenza di sostanza economica, essenzialità del conseguimento del vantaggio fiscale) debba essere condotta dando priorità alla ricerca del vantaggio fiscale indebito.

L’insussistenza di un vantaggio fiscale indebito esclude, ab origine, l’esistenza di una condotta abusiva, rendendo non più necessaria la verifica circa la sussistenza degli ulteriori requisiti della fattispecie abusiva. Si tratta, in verità, di un principio già applicato dall’Agenzia delle Entrate nelle valutazioni anti-abuso, per cui l’atto di indirizzo sembra essersi limitato a confermare la correttezza della prassi amministrativa (si veda, da ultimo, la risposta a interpello n. 216/2024).

Appare invece rilevante la presa d’atto dell’Agenzia delle Entrate in merito alla verifica della natura indebita del vantaggio fiscale nel caso di “singole operazioni” la quale, secondo l’atto di indirizzo del MEF, deve avvenire guardando alla “ratio della norma applicata dal contribuente al fine di verificare se tale ratio sia stata rispettata” (e non avendo riguardo alla ratio della norma astrattamente applicabile all’operazione alternativa mediante la quale si sarebbe potuto conseguire il medesimo risultato giuridico ed economico dell’operazione posta in essere). Come chiarito dal Ministero, infatti, verificare il rispetto della ratio anche in relazione alle norme non applicate si risolverebbe in una contraddizione con il principio di libertà di scelta del contribuente tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale, sancito dall’art. 10-bis comma 4 della L. 212/2000.

Venendo alla fattispecie oggetto di interpello, la valutazione anti-abuso è stata richiesta in relazione a una scissione totale di una società semplice le cui quote sono detenute in comunione, in misura paritetica (1/3), dai tre eredi del socio fondatore, cui si aggiunge un socio d’opera che non partecipa al capitale. L’operazione è finalizzata alla costituzione di tre newco società semplici, ciascuna delle quali sarà interamente partecipata da uno degli eredi (cui si aggiungerà il socio d’opera che non partecipa al capitale), al fine di rendere autonome le prospettive imprenditoriali dei tre eredi. Per effetto della scissione, i singoli elementi patrimoniali della scindenda confluiranno nella misura di 1/3 ciascuno nel patrimonio delle società beneficiarie. L’Agenzia delle Entrate ha, innanzitutto, ricordato che le società semplici soggiacciono alle medesime regole di determinazione del reddito previste dal TUIR per le persone fisiche e ribadito che il regime di neutralità fiscale recato dall’art. 173 del TUIR non è applicabile alle operazioni di scissione societaria coinvolgenti società semplici, stante l’inidoneità di tale tipo societario a produrre reddito d’impresa.

In linea con i chiarimenti già forniti con le risposte a interpello 30 aprile 2021 n. 309 e 4 dicembre 2018 n. 91, l’Agenzia ha poi affermato che, sebbene la scissione determini il trasferimento di beni dalla scissa alle beneficiarie, sotto il profilo fiscale, l’operazione non è riconducibile ad alcuna delle fattispecie reddituali di cui all’art. 67 del TUIR, sempreché gli asset trasferiti conservino presso le singole beneficiarie il medesimo valore fiscalmente riconosciuto che avevano in capo alla scissa. Allo stesso modo, in capo a ciascun socio, il concambio della partecipazione nella scindenda con quella nella beneficiaria non è riconducibile ad alcuna delle fattispecie impositive di cui all’art. 67 del TUIR, salvo che non siano previsti “ristori” tra i soci. In questo caso, infatti, i maggiori valori assumono rilevanza impositiva, trattandosi di un negozio giuridico di cessione a titolo oneroso tassabile in via ordinaria. Stante l’irrilevanza fiscale dell’operazione prospettata sia in capo alla società semplice che ai soci, l’Agenzia delle Entrate ha escluso la configurabilità di un vantaggio fiscale di cui occorra valutare la natura indebita ex art. 10-bis della L. 212/2000.

Scioglimento della comproprietà con imposta di registro

L’Agenzia ha infine evidenziato che la scissione determina anche lo scioglimento della comproprietà della partecipazione nella scissa, originariamente detenuta dai tre soci in comunione. Si realizza, così, un atto di divisione soggetto all’imposta di registro dell’1% (art. 3 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86). Sebbene, infatti, le Sezioni Unite (Cass. SS.UU. 7 ottobre 2019 n. 25021) abbiano sancito, sotto il profilo civilistico, la natura non dichiarativa della divisione, dal punto di vista fiscale l’art. 34 del DPR 131/86 ne legittima la tassazione, in assenza di conguagli, quale atto dichiarativo, con l’aliquota dell’1%.

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