Legittimo l’ordine di deposito cauzionale nella domanda in bianco
Il mancato deposito delle spese nella fase prenotativa esclude l’improcedibilità
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12352 di ieri, ha enunciato il principio di diritto secondo il quale, in caso di domanda di ammissione al concordato preventivo con riserva, ai sensi dell’art. 161 comma 6 del RD 267/42, il tribunale che, concedendo il termine, esercita la facoltà di nominare immediatamente il commissario giudiziale, può disporre altresì il deposito di una somma di denaro rapportata alle spese che si presumono necessarie per la prima fase della procedura.
Il mancato deposito della somma o il deposito di somma inferiore a quella indicata, nonché il mancato rispetto del termine a tal fine fissato, non possono essere causa di automatica dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità della domanda, in mancanza di disposizione di legge analoga a quelle contenute nell’art. 163 comma 2 n. 4 e comma 3 del RD 267/42 ai fini dell’ammissione alla procedura, né applicandosi, ratione temporis, il DLgs. 14/2019.
Ai fini del caso di specie, rileva, ratione temporis, la disciplina contenuta nella legge fallimentare e, in particolare, negli artt. 161 comma 6 (modificato nel 2012) e nell’art. 163 commi 2 e 3 (modificato nel 2005) del RD 267/42.
I giudici rammentano che, con l’introduzione nell’ordinamento del c.d. concordato in bianco e della possibilità di nominare un commissario giudiziale sin dalla concessione del termine per la presentazione della proposta e del piano, ex art. 161 comma 6 del RD 267/42 (introdotto con il DL 69/2013), si è posto il problema della copertura delle spese di procedura per la fase precedente l’eventuale decreto di ammissione, nell’eventualità che l’ammissione al concordato non si verifichi per rinuncia del ricorrente o per decisione del Tribunale.
Nella fase prodromica al decreto di ammissione – caratterizzata dell’eventuale nomina del commissario giudiziale, dalla produzione degli effetti tipici della domanda giudiziale (artt. 168 e 169 del RD 267/42), dall’anticipazione dello spossessamento del debitore e dall’insorgere di obblighi informativi in capo a quest’ultimo (art. 161 commi 7 e 8 del RD 267/42) – secondo i giudici, trova giustificazione il potere del Tribunale di ordinare al debitore il deposito di una somma proporzionata alle spese necessarie per la procedura preliminare e di fissare un termine, analogo a quello previsto dall’art. 163 comma 2 n. 4 del RD 267/42. Resta, invece, riservata all’eventuale decreto di ammissione l’indicazione della somma da versare in proporzione alle presumibili spese successive e l’emissione del relativo ordine di deposito, secondo la legge.
In via interpretativa, il potere di nominare il commissario giudiziale giustifica per il Tribunale la possibilità di disporre il deposito con funzione cauzionale del pagamento di quelle che saranno le sue spettanze; con l’avvio del procedimento “vero”, con i relativi organi e atti di legge, trova giustificazione, invece, il potere del giudice di determinare la somma da versare con riferimento al più generale parametro delle spese della procedura.
Non si applica, invece, in via analogica la perentorietà del termine per il deposito della somma e l’automatica sanzione della inammissibilità del ricorso di cui all’art. 163 comma 3 del RD 267/42.
L’inadempimento all’ordine di deposito può essere giudicato dal Tribunale quale indice rivelatore “che l’attività compiuta dal debitore è manifestamente inidonea alla predisposizione della proposta e del piano” (art. 161 comma 8 del RD 267/42).
Ciò presuppone una valutazione “in concreto”, escludendosi, quindi, che, per il solo mancato deposito della somma nel termine, consegua in via automatica l’inammissibilità del ricorso.
Non rilevano inoltre, per il caso di specie, le disposizioni contenute nell’art. 44 comma 1 lett. d) e comma 2 del DLgs. 14/2019, le quali hanno carattere innovativo, prevedendo il potere del Tribunale di imporre il deposito e la perentorietà del relativo termine, con conseguente revoca della concessione del termine per la presentazione della proposta e del piano in caso di inadempimento.
I giudici ricordano, a margine, che l’effetto devolutivo pieno che caratterizza il reclamo avverso la sentenza di fallimento opera anche ai fini della decisione negativa sulla domanda di ammissione al concordato, pertanto, ove il debitore abbia impugnato la dichiarazione di fallimento censurando, in primo luogo, la decisione del tribunale di non ammettere o di revocare l’ammissione al concordato, il giudice del reclamo, avvalendosi dei poteri previsti dall’art. 18 comma 10 del RD 267/42 e del fascicolo della procedura, è tenuto a riesaminare tutte le questioni concernenti la mancata ammissione o revoca, nel rispetto del principio di preferenza delle soluzioni concordate della crisi d’impresa (Cass. nn. 35423/2023 e 11216/2021).
Vietata ogni riproduzione ed estrazione ex art. 70-quater della L. 633/41