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Mercoledì, 9 luglio 2025 - Aggiornato alle 6.00

FISCO

I plusvalori delle stabili organizzazioni esenti non sono tassati

L’Amministrazione finanziaria conferma tale conclusione in relazione al trasferimento all’estero della casa madre

/ Gianluca ODETTO

Mercoledì, 9 luglio 2025

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La risposta a interpello n. 185 pubblicata ieri ha chiarito che il trasferimento all’estero di una società residente in Italia titolare di una stabile organizzazione estera in regime di branch exemption non genera plusvalenze imponibili in relazione ai plusvalori insiti in tale stabile organizzazione.

Il principio generale di irrilevanza fiscale dei valori della branch esente non è, infatti, limitato alle operazioni con le quali questa viene ceduta a titolo oneroso, ma si estende alle altre operazioni realizzative.

La situazione esaminata dall’Agenzia delle Entrate ha riguardato una società italiana in procinto di trasferire la propria residenza fiscale nel Regno Unito (Stato di localizzazione della capogruppo) per effetto dello spostamento in tale Stato della sede di direzione effettiva; a seguito del trasferimento della residenza non rimarrebbero in Italia beni o funzioni tali da configurare una stabile organizzazione.

La questione affrontata ha riguardato essenzialmente il rapporto tra le disposizioni dell’art. 166 comma 1 lett. a) e 166 comma 3 lett. a) del TUIR, che in termini generali contemplano il trasferimento della residenza all’estero tra le operazioni suscettibili di determinare il realizzo a valore di mercato dei beni dell’azienda, e quelle contenute nell’art. 168-ter del TUIR, le quali sostanzialmente estromettono dalle regole del reddito d’impresa italiano i plusvalori relativi alle branch esenti.

L’Agenzia delle Entrate conferma la prevalenza delle seconde, pur in assenza di una previsione espressa sia nell’art. 168-ter medesimo, sia nelle relative disposizioni attuative (provv. n. 165138/2017), alla luce di una lettura in chiave sistematica di alcune di queste ultime.

In altre parole, posto che il § 4.6 del provvedimento stabilisce che, in caso di cessione della stabile organizzazione soggetta a recapture delle perdite a favore di un soggetto del gruppo che continui ad applicare la branch exemption, la plusvalenza concorre alla formazione del recapture, si dovrebbe desumere che, in assenza di obblighi di recapture, essa non dovrebbe concorrere alla formazione del reddito complessivo in Italia.

Nella situazione esaminata, in effetti, il recapture delle perdite fiscali si era già esaurito nel primo anno di operatività dell’opzione per il regime di esenzione, per cui l’Erario italiano non poteva più vantare pretese su tali plusvalori riferibili alla stabile organizzazione.

Come in precedenza riferito, tale principio è stato esteso a tutte le operazioni che determinano il realizzo di plusvalenze latenti, compreso quindi il trasferimento di sede, con il quale tale realizzo è implicito e non effettivo (le due operazioni sono state di fatto equiparate dall’Agenzia delle Entrate, e un discorso analogo dovrebbe coinvolgere ad esempio il conferimento della stabile organizzazione).

Tale indicazione è coerente con il § 4.6 del provv. n. 165138/2017 (come detto richiamato con una lettura per esclusione), secondo il quale concorre a formare il recapture la plusvalenza realizzata in caso di trasferimento “a qualsiasi titolo” della branch esente.

La conclusione, in sostanza, è stata quella per cui, assodato che il trasferimento della residenza all’estero della società italiana genera plusvalenze imponibili quantificate in base al valore di mercato complessivo delle attività e passività, avviamento compreso, ai fini della relativa determinazione occorre escludere i valori riferibili alla stabile organizzazione per la quale è stata esercitata l’opzione per la branch exemption, in quanto definitivamente estromessi dal circuito del reddito d’impresa italiano.

Non affrontati i profili temporali della problematica

Poste queste conclusioni, l’Agenzia delle Entrate non affronta in modo espresso i profili temporali di tale fattispecie. Nella risposta n. 185/2025, infatti, ci si limita ad affermare che l’applicazione del regime di branch exemption esaurisce la potestà impositiva dell’Italia sui redditi della stabile organizzazione, non precisandosi però se ciò valga in senso assoluto o se, al contrario, ci si debba limitare ai plusvalori maturati successivamente all’esercizio dell’opzione (se questa è stata esercitata non contestualmente alla costituzione della S.O., fatto non desumibile dal testo dell’interpello).

Questa seconda impostazione dovrebbe risultare maggiormente soddisfacente, anche alla luce della circostanza per cui l’opzione, in sé, non determina alcuna imposizione in uscita sui plusvalori maturati nei periodi d’imposta antecedenti a quello in cui questa esplica i propri effetti, i quali rimangono latenti.

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