L’amministratore cessato dalla carica non risponde di falsa dichiarazione IVA
I giudici di legittimità ribadiscono che la fattispecie ha natura bifasica ed è integrata solo al momento della dichiarazione
La dichiarazione fraudolenta prevista all’art. 2 del DLgs. 74/2000 ha natura “bifasica”: una prima fase riguarda la raccolta o la ricezione della documentazione inveritiera e la conseguente registrazione nelle scritture contabili obbligatorie. Successivamente, vi è l’effettiva presentazione della dichiarazione dei redditi o ai fini IVA nella quale è recepita la falsa rappresentazione di cui la documentazione fittizia rappresenta il supporto.
Ciò rileva in particolar modo nel caso di successione di due diversi legali rappresentanti, come nel caso che si è trovata ad affrontare la sentenza n. 25455 depositata ieri dalla Cassazione.
Il reato risulta integrato solo in questo momento, cioè con la presentazione della dichiarazione – come già hanno avuto modo di precisare le Sezioni Unite con la pronuncia n. 27/2000 – in quanto il legislatore mira a reprimere penalmente le sole condotte direttamente correlate alla lesione degli interessi fiscali, rinunciando invece a perseguire quelle di carattere meramente preparatorio o formale (fatti prodromici alla effettiva lesione del bene giuridico protetto), ritenute irrilevanti; in esse comprese le condotte di acquisizione e registrazione nelle scritture contabili di fatture o documenti contabili falsi o artificiosi.
Viene così ribadito che, solo con la condotta di presentazione della dichiarazione, il reato può considerarsi perfezionato e che, a differenza di quanto, in precedenza, stabiliva l’art. 4 della L. 516/1982, le condotte pregresse a essa restano, sul piano penale, irrilevanti e non possono nemmeno dare luogo a una forma di tentativo punibile. Devono dunque tenersi distinti i casi in cui vi è progressione nello stesso periodo d’imposta dall’utilizzazione alla dichiarazione, da qualificare ai sensi degli artt. 2 e 3 del DLgs. 74/2000, dai casi in cui si ha una dichiarazione di elementi passivi fittizi senza contemporaneo utilizzo della falsa rappresentazione nelle scritture contabili e dei mezzi fraudolenti, avvenuto in anni precedenti, da qualificare ai sensi dell’art. 4 del DLgs. 74/2000 (in tal senso si veda Cass. n. 52752/2014).
Peraltro, si prevede un’unica incriminazione per il soggetto che ponga in essere una dichiarazione fraudolenta, sia che si avvalga di un solo documento, sia che utilizzi una pluralità di fatture o altri documenti. In tal senso è irrilevante il numero o la tipologia delle fatture o degli altri documenti utilizzati per abbattere i costi, proprio perché, come detto, il reato non si perfeziona con la semplice registrazione del documento – che sarà poi utilizzato – ma con la dichiarazione e con l’indicazione in essa di elementi passivi fittizi inseriti nella contabilità (Cass. n. 7027/2025).
Nel caso qui in esame, non era dunque sufficiente addurre la circostanza per cui la fattura n. 1 del dicembre 2014 non fosse stata annotata nell’anno di emissione, ma nell’anno successivo; diviene invece necessario chiarire in quali dichiarazioni fiscali fosse poi confluito l’utilizzo di tale fattura e la coerenza della condotta accertata con la contestazione elevata nel capo di imputazione, dove la data di commissione del reato è riferita alla data di presentazione delle dichiarazioni fiscali comprendente le dichiarazioni presentate nel 2015 (con riferimento all’anno di imposta 2014), nel 2016 (con riferimento all’anno di imposta 2015) e nel 2017 (con riferimento all’anno di imposta 2016).
Altra annotazione interessante della sentenza in commento riguarda il ruolo dell’amministratore cessato dalla carica.
Soggetto responsabile della dichiarazione fraudolenta è colui che sottoscrive la dichiarazione, anche se lo stesso non ha partecipato alla fase antecedente di acquisizione e registrazione delle fatture relative a operazioni inesistenti. Si tratta infatti di reato “proprio”, che può dirsi configurato solo quando il suo autore si trovi in una particolare posizione soggettiva, giuridica o di fatto, sia titolare cioè dell’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi o ai fini IVA.
La Cassazione esclude pertanto che possa essere chiamata a rispondere per la dichiarazione IVA 2017 colei che rivestiva la carica formale di legale rappresentante sino all’ottobre 2016.
Tale documento era stato inviato telematicamente dal consulente fiscale e l’inserimento dei dati del precedente amministratore, quale firmatario della dichiarazione – oltre a essere difforme rispetto alle cariche rivestite all’interno della compagine societaria al momento dell’inoltro della dichiarazione e a rappresentare quindi una irregolarità formale –, non è, di per sé, indicativo della protrazione dell’attività gestoria non essendo confortato da ulteriori elementi che confermino tale protrazione.
Quanto al ruolo di amministratrice di fatto, sarebbe necessario accertare la sussistenza di quegli elementi sintomatici più volte dettagliati dalla giurisprudenza alla luce dell’art. 2639 c.c.
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