Registro proporzionale e ipocatastali fisse per la fusione tra due enti non commerciali
L’atto di fusione tra due enti non commerciali va assoggettato all’imposta di registro nella misura proporzionale del 3% e alle ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro. Per determinare la base imponibile dell’imposta di registro, se tra i beni dell’incorporata ci sono immobili, si deve far riferimento al loro valore venale in comune commercio, in applicazione di quanto previsto dall’art. 51, comma 2 del TUR.
L’Agenzia delle Entrate ha fornito questi chiarimenti con la ris. n. 2/2019, in risposta al quesito di un notaio rogante dell’atto di fusione per incorporazione tra due fondazioni bancarie che si qualificano come enti non commerciali.
L’Amministrazione finanziaria ricorda che i passaggi di beni a seguito di atti di fusione o di trasformazione di società e di analoghe operazioni poste in essere da altri enti non sono soggetti a IVA, ex art. 2, comma 3, lett. f) del DPR 633/72 e quindi, in applicazione del principio di alternatività IVA-registro, i relativi atti scontano il registro proporzionale del 3% quando la fusione avviene tra enti non commerciali e il registro in misura fissa se la fusione è posta in essere tra società o enti “aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale o agricola”.
Sulla determinazione della base imponibile, l’Agenzia ritiene poi che si debba considerare il valore – determinato alla data di efficacia giuridica della fusione – di beni e diritti, compresi i beni immobili, assunti al netto delle passività, iscritti nel patrimonio della sola fondazione incorporata. A norma dell’art. 2504-bis c.c., infatti, nella fusione per incorporazione l’ente incorporante assume i diritti e gli obblighi facenti capo all’ente incorporato alla data di efficacia reale della fusione. Da qui il riferimento al valore venale in comune commercio se tra i beni dell’incorporata ci sono immobili.
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