Per le holding diritto alla detrazione IVA solo con nesso diretto
La Corte di Giustizia dell’Unione europea, con la sentenza di ieri, relativa alla causa C-98/21, si è nuovamente pronunciata sui requisiti riconosciuti alle holding al fine del diritto alla detrazione dell’IVA assolta “a monte”.
Interpretando l’art. 168 della direttiva 2006/112/Ce, la Corte afferma che una società holding, la quale effettua operazioni imponibili “a valle” in favore di società figlie, non ha il diritto di detrarre l’IVA “a monte” sulle prestazioni ricevute da terzi e che essa conferisce alle società figlie in cambio della concessione di una partecipazione agli utili generali, qualora non vi sia un nesso diretto e immediato con le operazioni della holding, bensì con le operazioni delle società figlie (le quali, per la maggior parte, sono esenti dall’imposta).
Inoltre, nel caso esaminato, sempre con riferimento all’art. 168 della citata direttiva, il diritto alla detrazione non spetta nella misura in cui le prestazioni ricevute dalla holding “non possano essere imputate al prezzo delle operazioni imponibili sotto forma di prestazioni rese alle società figlie” e qualora risulti che dette prestazioni “non rientrino negli elementi di costo generali dell’attività economica propria della società holding”.
Per giungere alla decisione in commento, la Corte richiama numerosi principi della propria giurisprudenza, tra cui la necessità, ai fini del diritto alla detrazione, che il costo dei beni acquistati o delle prestazioni “a monte” sia “incorporato rispettivamente nel prezzo delle operazioni specifiche a valle o nel prezzo dei beni o dei servizi forniti dal soggetto passivo nel contesto delle sue attività economiche” (cfr. causa C-316/18 del 2019). Sul tema, la Corte ha precisato che “occorre prendere in considerazione tutte le circostanze in presenza delle quali si sono svolte le operazioni in questione e tener conto unicamente delle operazioni che sono oggettivamente connesse all’attività imponibile del soggetto passivo” (cfr. causa C-249/17 del 2018) e che occorre tener conto dell’uso effettivo dei beni e dei servizi acquistati dal soggetto passivo (cfr. causa C-42/19 del 2020).