Senza IRAP il professionista socio della società di cui è consulente
Con l’ordinanza n. 26491 depositata ieri, la Cassazione ha giudicato escluso da IRAP un contribuente, socio di minoranza (all’1,79%) di una società per azioni dalla quale percepisce un compenso per l’attività di consulenza ad essa prestata.
Secondo i giudici di merito, il contribuente avrebbe dovuto essere assoggettato al tributo, essendo emersi indizi dell’esistenza di una struttura organizzata, a lui non estranea, che ne incrementava e valorizzava l’attività. Infatti, questi, pur fatturando alla società, lavorava in pratica a vantaggio degli stessi clienti finali, con la conseguenza che la sua attività era incrementata dalla struttura societaria, che risultava sostanzialmente a sua disposizione: in particolare, la circostanza che il professionista rivesta altresì la qualifica di socio impedisce di considerare a lui estranea la società.
Di differente avviso i giudici di legittimità, secondo i quali la disponibilità, da parte del contribuente, della struttura societaria non può essere confusa con l’esistenza di un potere organizzativo sulla medesima, oltretutto essendo egli socio in una percentuale “quasi simbolica”.
Inoltre, la partecipata riveste la natura di spa, tipologia nella quale è massima, fra le varie previste dal diritto societario, la separazione e la distinzione rispetto ai soci: infatti, le spa hanno un’autonomia patrimoniale perfetta ed una struttura organizzativa fondata su norme tendenzialmente inderogabili, che prescinde completamente dalla rilevanza della personalità del singolo socio.
Si ricorda, infine, che dal 2022, indipendentemente dall’organizzazione della quale si avvalgono, l’IRAP non è più dovuta dalle persone fisiche esercenti (art. 1 comma 8 della L. 234/2021):
- attività commerciali (ex art. 3 comma 1 lett. b) del DLgs. 446/97);
- arti e professioni (ex art. 3 comma 1 lett. c) del DLgs. 446/97).
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