Nella bancarotta impropria da falso in bilancio dolo complesso e da dimostrare
La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 13601/2024, ha precisato che il reato di bancarotta fraudolenta impropria da false comunicazioni sociali – ex artt. 223 comma 2 n. 1 del RD 267/42 e 2621 c.c. (nel testo dettato dalla L. 69/2015) – è configurabile in caso di esposizione in bilancio di enunciati valutativi se l’agente, in presenza di criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati, se ne discosti consapevolmente e senza fornire adeguata informazione giustificativa, in modo concretamente idoneo a indurre in errore i destinatari delle comunicazioni.
In tale contesto, l’elemento soggettivo presenta una struttura complessa, comprendendo il dolo generico (avente a oggetto la rappresentazione del mendacio), il dolo specifico (del profitto ingiusto) e il dolo intenzionale (di inganno dei destinatari).
Il predetto dolo generico non può ritenersi in re ipsa nella violazione di norme contabili sulla esposizione delle voci in bilancio, né può ravvisarsi nello scopo di far sopravvivere artificiosamente la società, dovendo, invece, essere desunto da inequivoci elementi che evidenzino, nel redattore del bilancio, la consapevolezza del suo agire abnorme o irragionevole attraverso artifici contabili.
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