Completamento degli edifici con aliquota IVA agevolata
Per le opere successive alla conclusione dei lavori, si applica invece l’aliquota del singolo intervento
Per l’applicazione dell’IVA nel settore immobiliare, un elemento determinante è costituito dal momento di ultimazione dei lavori di costruzione di un edificio.
Secondo le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate (circolare n. 12/2007, § 10), un fabbricato si intende ultimato nel momento in cui esso “sia idoneo ad espletare la sua funzione ovvero sia idoneo ad essere destinato al consumo”. In linea sono anche i criteri individuati dalla Corte di Giustizia Ue (sentenza 7 novembre 2024, causa C-594/23), secondo cui l’uscita di un bene immobile dal settore produttivo per entrare in quello del consumo corrisponde essenzialmente alla “prima occupazione” dell’edificio o, in alternativa, al momento di “completamento” del manufatto.
In primo luogo, è dal momento di ultimazione dei lavori che decorre il termine di 5 anni a partire dal quale, per le imprese di costruzione (o di ristrutturazione), non è più obbligatorio applicare l’IVA sulla cessione del fabbricato edificato ed è possibile fruire del regime di esenzione ex art. 10 del DPR 633/72.
Tale disciplina sarà oggetto di revisione in sede di attuazione dei principi contenuti nella legge delega per la riforma fiscale, secondo cui dovranno essere modificate le norme sulle esenzioni, “individuando le operazioni per le quali i contribuenti possono optare per l’imponibilità” (art. 7 comma 1 lett. b) della L. 111/2023).
Inoltre, il momento di ultimazione dei lavori costituisce, di per sé stesso, un discrimine per il regime IVA delle cessioni di fabbricati.
Se i lavori di costruzione dell’edificio non sono stati ultimati, infatti, la Cassazione ritiene che il fabbricato debba essere ceduto in regime di imponibilità solo se il bene rimane nel “circuito produttivo”. Viceversa, se l’edificio in corso di costruzione (“non ultimato”) è ceduto direttamente al “consumatore finale” (Cass. nn. 29676/2023, 22138/2017 e 23499/2016), l’operazione ricade nel regime di esenzione IVA di cui all’art. 10 del DPR 633/72.
Non variano, invece, le aliquote relative alla cessione del fabbricato “non ultimato”. Si applica, in termini generali, l’aliquota del 10% se il bene sarà successivamente classificato come casa di abitazione non “di lusso” (gruppo catastale A, esclusi A/1, A/8, A7/9 e A/10) o come edificio “Tupini”. È anche ammessa la cessione del bene “non ultimato” con l’aliquota del 4% “prima casa”, al ricorrere dei relativi requisiti (cfr. circ. Agenzia delle Entrate n. 12/2007).
Un ulteriore aspetto degno di attenzione riguarda la corretta applicazione delle aliquote ai lavori che sono eseguiti sul fabbricato.
Difatti, per le prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione di edifici, sono previste aliquote IVA specifiche, vale a dire:
- il 4%, per le case di abitazione non “di lusso”, se l’acquirente possiede i requisiti “prima casa” oppure per le costruzioni rurali oppure per i fabbricati “Tupini” ceduti a soggetti che svolgono l’attività di costruzione di immobili per la rivendita;
- il 10%, per le case di abitazione non “di lusso”, se l’acquirente è privo dei requisiti “prima casa”, oppure per i fabbricati “Tupini” ceduti a soggetti che non svolgono l’attività di costruzione per la rivendita.
Le aliquote ridotte appena descritte si applicano solamente finché l’intervento di edificazione è in corso.
In verità, come hanno illustrato alcuni documenti di prassi risalenti, non possono usufruire dell’agevolazione i lavori eseguiti dopo l’ultimazione della costruzione.
La R.M. 7 aprile 1981 n. 330968 ha indicato che rientrano nell’ambito delle aliquote ridotte per le prestazioni relative alla costruzione i “lavori di completamento di immobili”, intendendosi come tali “quelle opere che vengono effettuate in ottemperanza alla licenza edilizia e senza le quali gli immobili stessi non potrebbero considerarsi ultimati”.
Viceversa, ne sono estranei gli interventi successivi al completamento dei lavori di edificazione, “comprovata dal rilascio del certificato di abitabilità e dall’effettiva immissione del possesso degli alloggi degli assegnatari”.
Con la R.M. 8 marzo 1978 n. 360605 è stato, quindi, specificato che l’aliquota agevolata per i contratti di appalto relativi alla costruzione non viene meno nel caso in cui subentri nel contratto un ulteriore soggetto appaltante, purché gli interventi commissionati dal soggetto subentrante “non abbiano per oggetto i lavori di rifinitura di un appartamento la cui costruzione era già ultimata”.
Resta inteso che, completati i lavori di edificazione, rimane applicabile l’aliquota IVA prevista per l’intervento eseguito, a seconda di come esso sia configurabile dal punto di vista edilizio. Se si tratta di una manutenzione (ordinaria o straordinaria) realizzata su un immobile a prevalente destinazione abitativa, l’aliquota è quella del 10% (art. 7 della L. 488/99).
Diviene, però, irrilevante il possesso dei requisiti “prima casa” in capo al committente dei lavori.
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