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Giovedì, 26 giugno 2025 - Aggiornato alle 6.00

IL CASO DEL GIORNO

L’affidamento illegittimo del servizio di riscossione può annullare l’accertamento

/ Alice BOANO

Giovedì, 26 giugno 2025

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In base a quanto previsto dall’art. 52 comma 5 lett. b) del DLgs. 446/97, le Province e i Comuni possono affidare a terzi, anche disgiuntamente, l’accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le entrate locali. Le relative attività sono affidate nel rispetto della normativa dell’Unione europea e delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali.
Tuttavia, nell’ipotesi in cui la procedura di affidamento violi le norme di evidenza pubblica, il contribuente potrebbe sfruttare strumenti di tutela che lo pongano al riparo da atti illegittimi.

La norma di riferimento è l’art. 7 comma 5 del DLgs. n. 546/92. Esiste, infatti, nell’ordinamento tributario il potere in capo al giudice tributario di disapplicare gli atti amministrativi qualora risultino illegittimi in relazione a vizi di competenza, violazioni di legge o eccesso di potere.
Il potere di disapplicazione è stato utilizzato, ad esempio, in relazione ad atti amministrativi generali e regolamenti ritenuti illegittimi, come i decreti di revisione degli estimi catastali (C.T. I grado Belluno 6.3.92 n. 483/1/92).

In relazione allo specifico caso di eventuali vizi nella procedura di gara volta all’affidamento del servizio di riscossione, il contribuente potrebbe richiedere la disapplicazione degli atti di affidamento relativi ai tributi locali che costituiscono il presupposto del potere sotteso all’avviso di accertamento, in quel caso contestando l’annullabilità per difetto di legittimazione del soggetto che lo ha emesso.
Due pronunce affrontano in modo approfondito il problema, giungendo a conclusioni fra loro contrapposte.

Secondo la C.G.T. II Molise 23 dicembre 2024 n. 246/2/24 la disapplicazione di atti che non hanno contenuto generale esorbita dai poteri del giudice tributario e non può essere disposta. Per i giudici le doglianze che non investono direttamente l’atto impugnato, ma profili che esulano da questo e che attengono a determinazioni amministrative assunte a monte (nella specie, dall’Amministrazione comunale), devono essere necessariamente disattese, a maggior ragione quando si risolvono in censure circa la modalità e i contenuti in cui la potestà amministrativa è stata svolta. Ragionando diversamente si giungerebbe a una forzatura, ossia a contestare l’azione amministrativa sub specie di esercizio della potestà impositiva.

Al contrario, la più recente Cassazione 20 marzo 2025 n. 7492 è giunta a conclusioni diametralmente opposte.
Il giudice tributario esercita un sindacato incidentale di legittimità che può condurre alla disapplicazione degli atti relativi all’affidamento del servizio e al conseguente annullamento dell’atto impositivo o esattivo per difetto di legittimazione sostanziale in capo alla concessionaria. Si tratta pur sempre di atti amministrativi costituenti il presupposto dell’imposizione e della riscossione, che possono essere disapplicati dal giudice tributario in sede di impugnazione dei conseguenti atti impositivi o esattivi, pur non influendo sul loro contenuto.

Annullamento riflesso della disapplicazione

In caso di contestazione della legittimità della delega, grava sul contribuente l’onere di specificarne i profili di illegittimità in relazione alle patologie tipiche degli atti amministrativi, ossia incompetenza, violazione di legge o regolamento, eccesso di potere (Cass. 30 settembre 2019 n. 24276).

Secondo quest’ultimo indirizzo, quindi, il giudice (ordinario o amministrativo) non può annullare delibere e regolamenti, tuttavia, nel caso in cui l’atto impositivo emanato dall’amministrazione trovi fondamento in una norma regolamentare o in una delibera ritenute illegittime, può disapplicarlo in occasione del giudizio di cui è stato investito.

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