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FISCO

Regime degli impatriati anche se una delle attività è senza i requisiti

Con residenza estera «solo» triennale, è agevolabile il reddito dalla società non collegata a quella estera se è contestuale un’attività in continuità

/ Luisa CORSO

Martedì, 14 ottobre 2025

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Con due risposte a interpello di ieri, l’Agenzia delle Entrate ha esaminato il requisito della residenza estera in relazione al nuovo regime agevolato degli impatriati di cui all’art. 5 del DLgs. 209/2023, applicabile dal 2024.

In primo luogo, la risposta a interpello n. 263 esamina il caso di una persona residente all’estero per tre periodi di imposta duranti i quali ha continuato a prestare attività di insegnamento per un’università italiana (sia da remoto che in Italia), oltre a prestare attività di lavoro dipendente per una società estera; la stessa persona intende trasferirsi in Italia dal 2026 per lavorare presso una società non collegata né partecipata dalla società estera, continuando altresì l’attività di insegnamento per l’università italiana.

Si chiede se tale circostanza possa rappresentare un limite all’accesso al regime degli impatriati, stante il fatto che il periodo di residenza estera è di tre anni e non risulterebbe quindi soddisfatto il requisito rafforzato di sei o sette periodi di residenza estera, richiesti dalla norma nel caso in cui l’attività prestata in Italia abbia aspetti di continuità con quella prestata anteriormente al rientro.

Ad avviso dell’Agenzia, nel caso prospettato, la persona può beneficiare del regime agevolato con esclusivo riferimento al reddito derivante dall’attività che intende svolgere alle dipendenze della società per la quale non ha svolto attività lavorativa all’estero.

Non rileva, prosegue l’Agenzia, la circostanza che al rientro in Italia la persona continuerà a svolgere anche l’attività di collaborazione coordinata e continuativa con la medesima università, fermo restando che il reddito ritraibile da tale attività non sia agevolabile perché derivante da un’attività svolta per lo stesso datore di lavoro per cui aveva lavorato quando era residente all’estero (1° test) e per il quale aveva lavorato in Italia prima dell’espatrio (2° test), con conseguente necessità di riscontrare il maggior periodo di sette anni di residenza estera pregressa (sul punto, sono richiamate le risposte nn. 41, 53 e 142 del 2025).

Con un’ulteriore risposta pubblicata ieri in materia di impatriati, la n. 264, l’Agenzia delle Entrate ha affrontato la tematica della residenza estera in relazione ad una persona, iscritta all’AIRE dal 2021, prima dipendente della BEI (Banca europea per gli investimenti) e poi, dal 2023, divenuta dipendente della BERS (Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo), intenzionata a trasferirsi in Italia dal 2026.

L’Agenzia richiama, in primo luogo, la presunzione di residenza fiscale italiana applicabile agli agenti e funzionari Ue, prevista dall’art. 13 del Protocollo n. 7 (rubricato “Sui privilegi e sulle immunità dell’Unione Europea”), allegato al Trattato dell’Unione europea (TUE) e al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), in virtù della quale, come precisato dalla circ. Agenzia delle Entrate n. 33/2020 (in vigenza del vecchio regime ma i cui chiarimenti valgono anche in vigenza del nuovo, stante l’analoga richiesta di un periodo di residenza estera pregressa), i suddetti funzionari e altri agenti dell’Unione europea sono considerati ex lege fiscalmente residenti in Italia, anche nelle ipotesi in cui siano in possesso del requisito formale dell’iscrizione all’AIRE, con la conseguenza che il regime fiscale degli impatriati risulterebbe precluso.

Nel caso prospettato, ad avviso dell’Agenzia, la persona non poteva essere considerata fiscalmente residente ex lege in Italia con riferimento ai periodi 2023, 2024 e 2025, in cui la stessa era dipendente della BERS, posto che la richiamata presunzione non trova in tal caso applicazione; la BERS non risulta infatti inclusa nell’elenco delle istituzioni e degli organi dell’Ue e, pertanto, precisa l’Agenzia, ai relativi dipendenti non si applicano le disposizioni contenute nell’art. 13 del citato Protocollo n. 7.

Ne consegue che, nel rispetto di tutte le condizioni e degli ulteriori requisiti previsti dall’art. 5 del DLgs. 209/2023, la persona potrà, ad avviso dell’Agenzia, fruire del regime agevolato degli impatriati a partire dal periodo d’imposta 2026, sempreché non ricorrano le circostanze sopra esaminate che determinano l’allungamento del periodo minimo di residenza all’estero da tre a sei o sette periodi d’imposta.

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