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LAVORO & PREVIDENZA

Inapplicabili provvedimenti disciplinari per l’esercizio legittimo del diritto di sciopero

L’eventuale sanzione espulsiva, oltre a costituire una condotta antisindacale, sarà giudicata nulla in quanto discriminatoria

/ Viviana CHERCHI

Lunedì, 3 novembre 2025

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L’utilizzo dello sciopero generale in relazione alle recenti tensioni internazionali ha inevitabilmente riacceso il tema dei limiti a tale strumento di lotta sindacale e degli effetti sul rapporto di lavoro.

Si ricorda che lo sciopero, quale astensione collettiva dal lavoro finalizzata a ottenere un miglioramento delle condizioni lavorative o la tutela di altri interessi dei lavoratori, costituisce un diritto soggettivo tutelato costituzionalmente. Sebbene l’art. 40 Cost. abbia stabilito che “il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano”, a oggi sussiste una regolamentazione esclusivamente per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali. Fuori da tale ambito, il vuoto normativo è stato colmato dalla giurisprudenza che ha delineato i limiti al diritto di sciopero.

Secondo il costante indirizzo giurisprudenziale formatosi in materia, confermato anche di recente (cfr. Cass. n. 11347/2025), il diritto di sciopero non incontra limiti diversi da quelli propri della ratio storico-sociale che lo giustifica e dalla intangibilità di concorrenti diritti costituzionalmente garantiti (c.d. limiti “esterni”) e ciò anche qualora lo sciopero sia proclamato per fini esclusivamente non economici o contrattuali (c.d. sciopero politico; cfr. Corte Cost. n. 290/74; Cass. n. 16515/2004). Sono, pertanto, vietate esclusivamente le forme delittuose lesive della incolumità o della libertà della persona o, ancora, dei diritti di proprietà nonché del diritto di libertà economica e produttiva riconosciuto all’imprenditore dall’art. 41 Cost., così come lo sciopero che pregiudichi irreparabilmente la produttività dell’azienda, ossia “la possibilità per l’imprenditore di continuare a svolgere la sua iniziativa economica” (Cass. nn. 6787/2024 e 17658/2024).

Con riferimento all’impatto sul rapporto di lavoro, l’esercizio legittimo del diritto di sciopero, da un lato, comporterà – in applicazione del principio di sinallagmaticità – la perdita della retribuzione per la durata dell’astensione dal lavoro e, dall’altro lato, l’inapplicabilità di provvedimenti disciplinari giustificati dalla mera partecipazione allo sciopero.
Ne consegue, in particolare, che l’eventuale sanzione espulsiva, oltre a costituire una condotta antisindacale ex art. 28 della L. 300/70 (Cass. nn. 1392/2018 e 26618/2025), sarà giudicata nulla in quanto discriminatoria ai sensi dell’art. 15 della L. 300/70 con applicazione della tutela c.d. reale (Cass. n. 11347/2025).

Lo sciopero, qualora sia esercitato nell’ambito dei servizi pubblici essenziali, incontra limiti specifici derivanti dall’applicazione della L. 146/90 che impone stringenti regole procedurali al fine di garantire il bilanciamento di tale diritto con i diritti fondamentali della persona. In estrema sintesi, un’organizzazione sindacale che intenda proclamare uno sciopero deve esperire preventivamente procedure di raffreddamento e di conciliazione, darne un preavviso di almeno 10 giorni, comunicarne durata, modalità di attuazione e motivazioni nonché garantire una soglia minima del servizio anche durante il conflitto. In caso di mancata osservanza degli obblighi previsti dalla L. 146/90, prende avvio una complessa procedura di infrazione presso la Commissione di Garanzia – Autorità amministrativa indipendente che ha il compito di vigilare sul rispetto della legge – che può concludersi con l’applicazione di specifiche sanzioni a carico delle OO.SS e dei lavoratori.

Nei confronti dei lavoratori sono previste sanzioni disciplinari proporzionate alla gravità dell’infrazione ma esclusivamente di tipo conservativo, che dovranno essere irrogate dal datore di lavoro, pena l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria a suo carico. Il potere disciplinare del datore di lavoro è subordinato alla valutazione negativa del comportamento delle OO.SS. da parte della Commissione di Garanzia: l’apertura del procedimento disciplinare da parte del datore di lavoro è, in questo caso, un atto dovuto ma condizionato da tale valutazione (cfr. Cass. n. 11365/2022).

Specifici limiti per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali

Nel caso di sciopero di natura politica proclamato nei servizi pubblici essenziali, sebbene sia in via generale ammesso, si ritiene che soggiaccia ai vincoli procedurali, e quindi alle conseguenze sanzionatorie, prescritti dalla L. 146/90. È stata, infatti, fornita finora un’interpretazione restrittiva della previsione ex art. 2 comma 7 della L. 146/90, che esclude gli obblighi di preavviso e di predeterminazione di durata nelle ipotesi, tassative ed eccezionali, di sciopero proclamato “in difesa dell’ordine costituzionale” o di protesta “per gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori” (Corte Cost. n. 276/93; Trib. Roma n. 7237/2020).

La difficoltà di delimitare esattamente le suddette ipotesi derogatorie e il crescente utilizzo dello sciopero per scopi “solidaristici” imporrebbe, ai fini di un dinamico contemperamento di diritti di rango costituzionale, un intervento chiarificatore quantomeno da parte della giurisprudenza.

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