Assegno unico universale nella liquidazione controllata del sovraindebitato
Criterio di natura proporzionale per il computo della quota specifica, a carico del debitore, di contribuzione alle spese per il sostentamento familiare
Due recenti sentenze, entrambe pronunciate dal Tribunale di Torino in composizione collegiale, rispettivamente l’11 settembre e il 1° ottobre 2025, offrono, ad avviso di chi scrive, una serie di interessanti spunti di riflessione per gli operatori del settore, in tema di procedura di liquidazione controllata del sovraindebitato disciplinata dagli artt. 268 ss. del DLgs. 14/2019 (Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, CCII), nella sua vigente versione risultante dalle modifiche da ultimo apportate dal DLgs. 136/2024 (decreto “correttivo-ter”).
Entrambe le sentenze hanno un tratto fattuale comune, avendo dichiarato l’apertura di una procedura di liquidazione controllata domandata con ricorso ex artt. 268 ss. del CCII da parte, rispettivamente, di due debitori sovraindebitati in proprio (un socio accomandante di una società in accomandita semplice già assoggettata a procedura fallimentare chiusa da oltre un anno e un imprenditore individuale cancellato dal Registro delle imprese da oltre un anno), e si distinguono, nella considerazioni costituenti il cuore della parte motiva, per le problematiche affrontate con conclusiva offerta di una efficace soluzione interpretativa.
La sentenza dell’11 settembre 2025 riaffronta il delicato tema relativo all’inclusione o meno, nel contesto dell’aperta procedura liquidatoria minore, dell’assegno unico universale percepito dal debitore istante.
Se già in un precedente, reso dal medesimo Tribunale il 3 giugno 2025, il Collegio si era espresso, con affermazione in termini generali e di principio, nel senso di considerare detto assegno unico universale alla stregua di una vera e propria “entrata effettiva e costante”, che, in quanto tale, concorre, analogamente ai redditi e alle altre entrate mensili di tutti gli altri componenti il nucleo familiare in età lavorativa, “[...] alla copertura del fabbisogno familiare, in base al quale è calcolato per differenza il reddito lavorativo disponibile, che il debitore ricorrente ha la possibilità e quindi l’obbligo di mettere a disposizione dei creditori”, nella sentenza in commento il Tribunale di Torino ha meglio precisato la questione con un esempio concreto, dal quale poter desumere come il fatto che l’assegno unico appaia sì quale posta creditoria impignorabile e, dunque, come tale ex se da escludersi in linea di principio nel contesto della procedura liquidatoria ai sensi dell’art. 268 comma 4 lett. a) del CCII, non determini, comunque, quale logica e automatica conseguenza, la sua “neutralità” o irrilevanza rispetto al fabbisogno familiare, del quale, come già ricordato, tale sussidio risulterebbe in verità a servizio.
Nello specifico, il Tribunale di Torino ha ritenuto corretto il ragionamento secondo cui, in sede di ricorso e di relazione ex art. 269 comma 2 del CCII, il ricorrente e il gestore della crisi abbiano tenuto conto dell’assegno unico universale, sia quale entrata effettiva del nucleo familiare (e, nella specie, del debitore istante) sia, al contempo, quale uscita collegata al fabbisogno familiare corrispondente.
La seconda sentenza in esame affronta l’altrettanto delicato tema relativo al criterio attraverso cui computare, nel caso di nucleo familiare convivente composto non soltanto dal debitore, ma anche da altri membri in età lavorativa e provvisti di un reddito, la quota specifica – a carico del debitore – di contribuzione alle spese necessarie al complessivo sostentamento familiare.
Oltre al fatto che, in modo condivisibile, il Tribunale di Torino ha preliminarmente ritenuto opportuno adottare un criterio di natura proporzionale, in relazione alle rispettive entrate di ciascun componente il nucleo, viene in rilievo l’ulteriore circostanza per cui, ove nel contesto delle spese familiari ve ne siano alcune di natura strettamente personale (come, a titolo esemplificativo, un contributo al mantenimento ovvero, come nel caso di specie, i costi relativi a un veicolo intestato a terzi ma utilizzato esclusivamente dal ricorrente), le stesse esulino dalla ripartizione tra i membri della famiglia e vengano invece poste a carico solo del soggetto cui vi sia, giuridicamente, tenuto.
Ciò porta con sé la conseguenza che, in sede di ricorso, sia opportuno distinguere e precisare quali siano solo le spese familiari effettivamente comuni, tralasciando o, comunque, ponendo debitamente a carico di chi vi sia giuridicamente tenuto le spese strettamente personali.
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