Anedda: la nostra Cassa gode di ottima salute
Il presidente della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti fa chiarezza sulle questioni di una materia delicata
Dall’analisi della situazione attuale agli scenari futuri del sistema pensionistico per i dottori commercialisti, passando attraverso il contributo di solidarietà, l’obbligo di iscrizione all’INPS per i pensionati delle Casse private che ancora esercitano, lasciando per una volta ai margini la questione del difficile rapporto con la cassa dei Ragionieri. Walter Anedda, presidente della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti, ci aiuta a fare chiarezza su tutte le questioni più spinose di una materia sempre delicata.
Presidente Anedda, nel panorama delle Casse private, quella dei dottori commercialisti viene spesso dipinta dagli analisti come una di quelle in maggiore salute. È perché il quadro delle altre è desolante e, come recita una nota pubblicità, vi piace vincere facile, oppure per gli iscritti c’è davvero di che dormire sonni tranquilli?
“La seconda che ha detto! La Cassa nel 2003 ha deciso di approvare una riforma del proprio sistema previdenziale che, a fronte di un forte sacrificio, soprattutto a carico delle giovani generazioni, oggi garantisce la sostenibilità dell’ente. C’è da dire che, ormai raggiunta la sostenibilità finanziaria, bisogna impegnarsi fortemente sulla adeguatezza dei futuri trattamenti pensionistici, e proprio con specifico e maggiore riferimento a dette giovani generazioni”.
Una questione che amareggia gli iscritti più giovani è quella del contributo di solidarietà chiesto a chi è già in pensione, ma continua l’attività. La Cassazione lo ha recentemente bocciato, accogliendo il ricorso di quei colleghi in pensione che non intendono soggiacervi. Come mai la Cassazione vi ha dato torto e, al di là delle fini questioni giuridiche, cosa si sentirebbe di dire a quei colleghi che hanno proposto ricorso?
“Vede, il contributo di solidarietà, visto il ridotto apporto finanziario dello stesso, non è focale per la sostenibilità del sistema, ma rappresenta una misura che, seppure in modo limitato, fa sì che anche i colleghi pensionati, che hanno potuto godere del generosissimo sistema retributivo di calcolo della pensione, partecipino al riequilibrio previdenziale. È semplicemente un istituto che tende a far fare piccoli sacrifici a chi, ripeto, oggi gode di una pensione che le future generazioni ben difficilmente potranno avere. I giovani hanno accettato la riforma anche perché questa coinvolgeva tutti gli attori del sistema, pensionati compresi, in un’ottica di totale solidarietà categoriale. È necessario precisare che la stragrande maggioranza dei pensionati della Cassa ha accettato questa misura equitativa ma, alla luce delle sentenze della Suprema Corte, dobbiamo amaramente constatare che tale solidarietà permane a senso unico”.
Altra questione turbolenta è quella legata al presunto obbligo di iscrizione all’INPS per quei pensionati delle Casse private che continuano ad esercitare l’attività. Ci può spiegare i termini della questione e le possibili soluzioni cui state anche voi lavorando?
“La nostra Cassa ha sempre sottolineato che la normativa vigente impone che ogni reddito professionale sia assoggettato a contribuzione previdenziale. I colleghi che, ricorrendone i presupposti, hanno legittimamente esercitato il diritto ad esonerarsi dall’iscrizione alla Cassa, hanno comunque l’obbligo, a prescindere dall’età o dello status di pensionato, di versare per i redditi professionali prodotti i contributi previdenziali alla gestione separata. Di recente l’INPS, con la cosiddetta operazione PoseidOne, ha accertato l’esistenza di un determinato numero di professionisti che non ha versato alcuna contribuzione alla Cassa di riferimento e ha proceduto all’iscrizione di ufficio alla Gestione Separata con richiesta della contribuzione e delle relative sanzioni e interessi. È chiaro che è interesse della Cassa rendere possibile a costoro di iscriversi al nostro ente e, a tal proposito, stiamo verificando con il Ministero competente se possiamo procedere a una iscrizione retroattiva anche in presenza di espressa dichiarazione di esonero già presentata dal collega”.
La misura del contributo integrativo è stata recentemente confermata al 4%. Non si potrebbe cercare di fare uno sforzo maggiore per portarne una quota consistente a diretto incremento del montante della rendita pensionistica di colui che lo versa?
“Lo sforzo in tal senso la nostra Cassa lo ha già fatto. Esiste una delibera assunta dal nostro ente che va proprio in questa direzione, la cui approvazione è stata però sospesa dal Ministero che nutre dei dubbi in ordine al fatto che le attuali norme consentano l’utilizzo del contributo integrativo per accrescere il montante individuale. A tal proposito, posso segnalare che è all’esame della Camera il Ddl. Lo Presti che andrebbe, tra l’altro, a coprire tale lacuna normativa. C’è da dire che il Ministero, proprio nelle motivazioni con le quali è stata prorogata per un ulteriore biennio (sino al 2011) l’attuale aliquota del 4%, ha specificato che tale concessione era data in funzione di provvedere ad attivare parametri ed azioni mirate alla adeguatezza delle prestazioni, coerenti con il sistema di calcolo prescelto e la normativa vigente”.
Tra gli iscritti under 40, ci saprebbe dire quanti versano il contributo soggettivo con un’aliquota superiore a quella minima del 10%? A parità di percorso reddituale, di quanto varia l’entità della pensione, in termini percentuali sugli ultimi redditi, tra chi versa nei primi dieci anni di attività il contributo soggettivo al 10% e chi lo versa al 17%?
“Al 31 dicembre 2009 sono quasi novecento gli iscritti che hanno optato per un’aliquota superiore a quella minima. Per quanto riguarda invece il dato relativo al tasso di sostituzione (ossia al rapporto tra pensione e ultimo reddito percepito) difficilmente un neo iscritto alla Cassa, soprattutto se il Ministero non dovesse condividere le misure che stiamo proponendo per garantire l’adeguatezza del trattamento previdenziale, potrà vedersi riconosciuto, quando andrà in pensione, un tasso di sostituzione superiore al 25%. È chiaro che la convenienza è quella di versare i maggiori ammontari possibili sin da subito, ma ho ben presente che tale ipotesi si scontra spesso con la limitata capacita di risparmio dei giovani colleghi soprattutto all’inizio della carriera professionale”.
Noterà che, per questa volta, non le abbiamo chiesto niente dell’annosa questione dei rapporti con la Cassa dei ragionieri, come invece fanno tutti. Ci dica la verità: è contento o le sembra quasi di non aver nemmeno rilasciato un’intervista?
“Anzi, mi ha dato l’occasione di parlare di argomenti che ritengo sicuramente prioritari rispetto alla ormai annosa questione con la Cassa Ragionieri. Trovo paradossale che si continui a ripetere che è necessario trovare una soluzione senza però specificare quale sia il problema cui dobbiamo dare riscontro e, nel caso esista, a chi tale problema realmente attenga”.