Confindustria: nel 2009 occupazione dipendente in calo (-2,2%)
ROMA - Nelle imprese associate a Confindustria l’occupazione dipendente è diminuita del 2,2% nel 2009. E “la domanda di lavoro ha continuato a contrarsi nella prima metà del 2010, soprattutto quella a tempo indeterminato, nelle imprese grandi, industriali e del nord”. È quanto emerge dall’indagine annuale del Centro Studi di Confindustria sul mercato del lavoro nelle imprese associate nel 2009, che sottolinea anche il ruolo degli ammortizzatori sociali: “La Cassa integrazione ha attutito le conseguenze occupazionali, frenando la perdita di posti di lavoro. Nel 2009 l’ha utilizzata una impresa su due nell’industria, ma anche quasi una su dieci nei servizi. Ha assorbito potenziale forza lavoro pari al 9,1% delle ore lavorabili nell’industria, al 2,1% nei servizi”.
Nel dettaglio, dopo un calo limitato allo 0,3% nel 2008, la flessione maggiore si è registrata nell’industria (-3,1%), dove ha tenuto solo il comparto alimentare ed hanno sofferto di più tessile-abbigliamento (-5,2%) e gomma-plastica (-5%); nei servizi, invece, il calo medio sì è fermato allo 0,6%, ed è il commercio ad aver registrato la flessione più significativa (-3%). La crisi ha colpito di più il personale addetto alla produzione (-3% intermedi; -1,9% operai), mentre tra i colletti bianchi il calo è stato più marcato per i dirigenti (-1,6%) che per quadri e impiegati (-0,2%, -0,7%). Colpiti di più gli uomini (-2,3%) delle donne (-2%), che così salgono ad una quota del 29,9% dei dipendenti. E dalle indicazioni delle imprese il calo prosegue nella prima metà del 2010.
Questa volta, inoltre, la diminuzione non ha colpito più in modo uniforme, ma con differenze più marcate tra le diverse aree del Paese: sono aumentate le imprese che hanno previsto un calo della manodopera nel Nord-Ovest, le stime migliorano, ma restano negative nel Nord-Est, mentre il saldo delle risposte si azzera nel Centro-Sud. Crisi a parte. L’indagine del Csc traccia un ritratto del mercato del lavoro nel sistema di Confindustria. E ne emerge, tra l’altro, che l’utilizzo di personale laureato (15,5% dei dipendenti) si è confermato più intenso che nella media italiana e che una impresa su due ha utilizzato lavoratori stranieri (che nel complesso sono il 4,3%. Dato che sale al 5,7% nel comparto alimentare, e fino all’11,5% nelle costruzioni).
Confindustria si sofferma anche su una analisi dell’assenteismo. Il tasso di assenza è stato in media del 7,8%, più nei servizi (8,7%) che nell’industria (7,2%), e cresce con l’aumentare delle dimensioni dell’azienda. Le malattie non professionali sono state la prima causa di assenza dal lavoro per gli uomini, i congedi parentali per le donne. Nel 2009, inoltre, sono scesi i tassi di turnover; sono aumentate le cessazioni involontarie (13,1% dei casi di uscita dall’azienda), a cui si aggiungono prepensionamenti e incentivi all’esodo (un caso su dieci nelle grandi imprese, uno su cinque nel Centro-Sud); ed aumentano anche le uscite per scadenza di contratto (più di un terzo del totale). Sono scesi i tassi di stabilizzazione dei contratti a tempo determinato, ma quelli per le forme di flessibilità interna (contratti a tempo determinato, di inserimento e di apprendistato) si sono confermati molto più alti che nel caso della flessibilità esterna (interinale e collaborazioni). Mentre la diffusione della contrattazione aziendale è più elevata nell’industria che nei servizi e cresce con la dimensione aziendale. Più alte nelle grandi imprese anche le retribuzioni medie annue per i colletti bianchi e l’incidenza del premio variabile per tutte le qualifiche. (Ansa)
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