La riserva sulla consulenza legale potrebbe essere un’opportunità
Negli ultimi giorni, si ripetono sugli organi di informazione dichiarazioni comprensibilmente trionfalistiche di esponenti istituzionali e sindacali del mondo dell’avvocatura, a fronte della piega che starebbe prendendo in commissione al Senato l’iter di approvazione della riforma forense.
La comprensibilità dei toni trionfalistici è riconducibile al fatto che, per gli avvocati, sembrerebbe di lì ad arrivare il ripristino delle tariffe minime e, punto alquanto delicato, la riserva di legge per l’attività di consulenza legale.
Quest’ultimo aspetto può ovviamente suonare minaccioso per una categoria come la nostra, che svolge attività consulenziale su molteplici aspetti che intersecano l’attività di consulenza giuridica, quando addirittura non hanno quest’ultima proprio per oggetto precipuo.
Come mai allora non si odono voci di aperto dissenso da parte di chi, per ruolo istituzionale o sindacale, dovrebbe preoccuparsi di rappresentare in queste situazioni il punto di vista dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, tutelandone il diritto a svolgere pacificamente la professione che gli è propria?
È una domanda che, dialogando con i colleghi, ho avuto modo di constare che sono in molti a farsi, per lo meno tra coloro che riescono ogni tanto ad alzare la testa dalle sudate carte e guardarsi un po’ intorno per capire cosa di brutto o, più raramente, di bello si profila all’orizzonte.
Le risposte a questa domanda possono essere due.
La prima: i “nostri” stanno tutti dormendo.
Una risposta che per alcuni è di default e che, in quanto tale, si accompagna genericamente ad un bel “come al solito”.
La seconda: i “nostri” stanno alla finestra e guardano che succede.
In effetti, se la previsione della riserva di consulenza legale agli avvocati si accompagna (e non può essere diversamente) alla previsione che restano comunque salve le attribuzioni di competenza che la legge contempla con riguardo agli altri Ordini professionali riconosciuti, verrebbe da dire che, dal punto di vista degli iscritti all’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, la questione si colloca più sul piano dell’opportunità che non su quello della minaccia.
L’art. 1 del DLgs. 139/2005 attribuisce infatti ai commercialisti italiani “competenza specifica in economia aziendale e in diritto d’impresa e, comunque, nelle materie economiche, finanziarie, tributarie, societarie ed amministrative”.
Ecco che una riserva sulla consulenza legale costruita in questo modo nell’ambito dell’ordinamento forense genererebbe, per gli ambiti di consulenza legale di competenza specifica degli iscritti all’Albo di cui al DLgs. 139/2005, una implicita riserva concorrente (laddove oggi non ne esiste alcuna), da dividere con gli avvocati e gli appartenenti agli altri ordinamenti professionali, con riferimento ai quali la legge riconosce analoghe competenze (essenzialmente il notariato e, per taluni ambiti, l’Albo dei consulenti del lavoro).
Ora, è vero che la filosofia che genuinamente contraddistingue la parte maggioritaria e più evoluta dei commercialisti italiani non è quella di andare in giro a formulare richieste di esclusive, tanto più laddove tale richiesta non appaia oggettivamente giustificata da logiche ulteriori della mera spinta corporativistica; tuttavia, è altrettanto vero che sarebbe a dir poco demenziale mettersi di traverso a una iniziativa altrui che, per quanto discutibile, potrebbe fare tutt’altro che male alla nostra categoria.
Per cui, ai colleghi più cattivelli, quelli per intenderci che sono convinti che i “nostri” stanno come al solito dormendo, mi sento di dire: non svegliateli, altrimenti finisce che, per come la vedete voi, fanno confusione.
Viceversa, a quei colleghi che sono disposti a dare ai “nostri” il credito di non essere i più fini strateghi del globo terracqueo, ma nemmeno i più fessi del reame, non posso che ribadire l’opportunità di tenere alta l’attenzione, per monitorare un progetto di riforma forense che difficilmente arriverà alla fine del suo iter normativo con al suo interno una simile disposizione, ma che, se dovesse arrivarci, dovrà del pari mantenere il rispetto delle competenze specifiche degli altri Ordini professionali riconosciuti dalla legge.
Questa specificazione e non altro è ciò che, se non passasse, renderebbe per davvero i nostri vertici dei “morti di sonno”.
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