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LETTERE

Il CNDCEC difende le «quote rosa»: a che titolo?

Sabato, 26 febbraio 2011

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Caro Direttore,
il tuo quotidiano ha riportato il grido di dolore del Consiglio nazionale contro il tentativo di “stravolgere” il Ddl. che introduce l’obbligo delle “quote rosa” nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali delle società quotate (si vedano “Il CNDCEC difende il Ddl. sulle «quote rosa» nei CdA e nei collegi sindacali” del 18 febbraio e “Quote «rosa»: tutti d’accordo sui principi, ma all’atto pratico i posti non si mollano” del 23 febbraio).

Secondo Giulia Pusterla, Consigliere nazionale, “i commercialisti italiani esprimono la propria preoccupazione per la sorte del provvedimento, a fronte dei 53 emendamenti presentati dai Senatori e delle voci contrarie levatesi da alcuni gruppi imprenditoriali, e confermano il loro incondizionato sostegno allo spirito e alla lettera del disegno di legge, così come approvato dalla Camera”.
I commercialisti esprimono incondizionato sostegno? Certo non io. Giulia Pusterla parli per sé.

Sono assolutamente contrario all’introduzione di quote di qualunque natura e colore, tantopiù se imposte a soggetti privati. Trovo si tratti di un’inaccettabile violazione del principio di uguaglianza, frutto di una visione aberrante del ruolo dello Stato. Ho anche forti dubbi sulla costituzionalità del Ddl., alla luce della decisione della Corte Costituzionale che a suo tempo sancì l’illegittimità delle quote di genere nelle liste elettorali perché violavano il divieto di discriminazione tra i sessi. È pur vero che successivamente si è ovviato (si fa per dire) al problema con la modifica dell’art. 51 della Costituzione. Sennonché tale norma parla di pari opportunità solo con riferimento alle cariche elettive e agli uffici pubblici e, grazie al cielo, fare l’amministratore di società non è (ancora) un ufficio pubblico.

Ma non è questo il punto. Al dottore commercialista non interessa, giustamente, un fico secco del fatto che un collega di Verona sia a favore o contro le “quote rosa”. Il punto che qui rileva è invece: a che titolo il Consiglio nazionale si sente legittimato a parlare a nome dei commercialisti su un tema come questo?

Né chi scrive né alcun altro dottore commercialista in Italia ha delegato all’Ordine professionale di appartenenza la sua rappresentanza politica. Anche volendo ammettere la (discutibile) funzione lato sensu sindacale che gli Ordini hanno finito per assumere, non si comprende come il tema delle quote rosa possa rientrare nelle legittime competenze degli Ordini. Ritengo che l’attuale Consiglio nazionale stia facendo complessivamente un buon lavoro per risollevare il prestigio della professione. Attenti però a rimanere dentro confini ben precisi, a non perdere il senso del limite, a non smarrire la propria identità per inseguire la gloria effimera dell’apparizione mediatica purchessia.

Se il Consiglio nazionale “sente” davvero il tema delle “quote rosa”, dimostri la sua serietà introducendo l’obbligo in tutti gli organismi interni, locali e nazionali, e premendo per le necessarie modifiche normative. Allora sì che il dibattito diventerà stimolante.


Nicola Fiorini
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Verona

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