Non aboliamo l’esame di Stato, ma il tirocinio
Caro Direttore,
le proposte di modifica della disciplina di accesso alle professioni, in primis alla nostra, hanno acceso un dibattito anche interno alla categoria, come dimostrano gli autorevoli interventi che il tuo giornale ha ospitato nei giorni scorsi.
Vorrei contribuire anche io in tal senso, cercando di cogliere la parte positiva di queste “sollecitazioni” che vengono dall’esterno, per verificare se e cosa possa essere cambiato per migliorare ancora l’appetibilità della nostra professione e la sua adeguatezza nel dare un servizio al nostro Paese.
Siamo tutti d’accordo che il principio per cui l’accesso a una libera professione deve essere preceduto dall’esame di Stato non è una posizione corporativistica delle professioni, ma un precetto costituzionale. Il compito di far capire, piuttosto, che l’esame di Stato non è un concorso a numero chiuso spetta a tutti noi che abbiamo responsabilità di rappresentanza della professione: se qualcuno non l’ha ancora compreso, forse dobbiamo dirglielo meglio o più forte.
Premesso quanto sopra, occorre prendere atto che l’esame di Stato è fondamentalmente solo teorico e che, come mi è stato fatto recentemente notare, ha forse più probabilità di essere superato da chi studia per tre anni senza lavorare che da chi svolge un effettivo tirocinio.
D’altro canto, non potrebbe essere altrimenti: la pratica può essere svolta in diversi modi e in studi che hanno anche radicate specializzazioni. Se un praticante ha svolto il suo tirocinio in uno studio che si occupa, ad esempio, solo di contenzioso tributario, non può essere penalizzato da una prova d’esame troppo pratica in materia fallimentare.
Provo a ipotizzare allora una proposta: perché non abolire il tirocinio?
Può sembrare una proposta provocatoria ma, se accompagnata da alcune altre misure, potrebbe essere una soluzione tale da agevolare l’accesso al mondo del lavoro dei giovani (con un ruolo definito) e, nel contempo, dare respiro alla qualificazione e specializzazione che, a mio avviso, deve informare il nostro futuro.
Va considerato, infatti, che il percorso della laurea magistrale è corredato da periodi in studio (stage) che, come disciplinati anche dalle attuali convenzioni, garantiscono una certa formazione pratica. In tal senso, non si vede perché, a chi ha svolto un percorso universitario formativo nelle materie della professione, non possa essere consentito di sostenere subito l’esame di Stato e, se è bravo e competente, di accedere immediatamente alla libera professione. In tal modo, qualsiasi alibi su presunte barriere all’entrata verrebbe meno.
Le competenze specialistiche che si acquisiscono con lo studio, ma anche (o soprattutto) sul campo, potrebbero essere fatte valere invece dopo un periodo di specializzazione (come avviene per i medici), al termine del quale possa essere conferito un riconoscimento giudirico che consenta di distinguere il commercialista (mi si perdoni la reiterata metafora medica) “di base” da quello specializzato. In fondo, niente di diverso dalla fisiologica evoluzione di quanto sta attualmente accadendo, ad esempio, con il riconoscimento della formazione in materia di revisione degli enti locali. In tal modo, sarebbe possibile per il mercato riconoscere e premiare le qualificazioni, senza necessità di chiedere esclusive.
Tutte le risorse finanziarie che gli Ordini destinano a gestire i registri del tirocinio potrebbero essere veicolate nella formazione delle specializzazioni, nel rafforzamento dei rapporti con le università (che, notoriamente, non navigano nell’oro) o, in generale, in servizi “di prossimità” agli iscritti.
In definitiva, con una proposta di questo tipo si fornirebbe una risposta concreta a chi ipotizza di eliminare gli esami di Stato (in particolare per avvocati e commercialisti, proprio due professioni che richiedono il tirocinio obbligatorio), senza che la battaglia per la tutela di un principio costituzionale possa essere ritenuta inficiata da presunte posizioni ideologiche e preconcette.
Marco Pezzetta
Presidente ODCEC di Udine
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