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LETTERE

La normativa antiriciclaggio non tutela l’identità del segnalante

Venerdì, 21 dicembre 2012

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Caro Direttore,
la pietra miliare della normativa sull’antiriciclaggio è l’aspettativa concreta che il soggetto prestatore del servizio – banca o professionista che sia – effettui le segnalazioni all’autorità in presenza di operazioni “sospette”.

L’art. 45 del DLgs. 231/2007 (rubricato “tutela della riservatezza”) intende assicurare “la massima riservatezza” dell’identità delle persone che effettuano la segnalazione. L’aggettivo “massima”, di per sé inutile, sottolinea la necessità assoluta che tale riservatezza sia tutelata.
Il fine di questa prescrizione non è espressamente stabilito, ma è chiaro: poiché l’intermediario ottiene le informazioni che fondano il suo sospetto in virtù di un rapporto di fiducia che si è instaurato prioritariamente tra lui e il soggetto segnalato (aspetto, questo, che è ancor più valido quando l’intermediario non è di tipo finanziario, ma professionale), la segnalazione fondata proprio su quegli elementi informativi che sono stati ottenuti in virtù del rapporto di fiducia appare come un vero e proprio “tradimento”.

Evidentemente, l’ordinamento in generale – in modo del tutto analogo a quanto accade in ambito religioso, laddove ciò che viene svelato in confessionale non può essere rivelato, nemmeno sotto processo – ritiene di tutelare “massimamente” tale rapporto di fiducia, tanto che, in linea generale, esso è coperto dal segreto professionale (art. 5 DLgs. 139/2005), sotto pena di conseguenze civili e penali (art. 2043 c.c. e art. 622 c.p.).

Attraverso la riservatezza della segnalazione, che viene particolarmente garantita dal comma 6 dell’art. 45 citato (anche “in caso di denuncia o di rapporto ai seni degli articoli 331 e 347 del c.p.c., l’identità delle persone fisiche […] che hanno effettuato le segnalazioni, anche qualora sia conosciuta, non è menzionata”), si intende quindi salvaguardare “massimamente” il rapporto di fiducia sottostante, che in definitiva è la ragione per cui l’informazione segnalata è stata raccolta, ovvero per cui il sospetto “può nascere”, e tranquillizzare il segnalante sull’impossibilità di subire ritorsioni da parte del segnalato.

Purtroppo tutta questa costruzione cade, diremmo sistematicamente, per effetto di come i PM utilizzano la deroga alla riservatezza consentita dal comma 7, che precisa che l’identità dei segnalanti “può essere rivelata solo quando l’autorità giudiziaria, con decreto motivato, lo ritenga indispensabile ai fini dell’accertamento dei reati per cui si procede”.

Sembra una disposizione di chiusura, che dovrebbe riguardare casi eccezionali: in definitiva, poiché le autorità deputate agli accertamenti hanno poteri di fatto illimitati per indagare su chicchessia, soprattutto in ambito fiscale, una volta che il contenuto della segnalazione è noto, poco conta chi l’ha effettuata: gli inquirenti possono d’ufficio indagare su conti correnti, libri contabili e quant’altro per ricercare il reato. Svelare l’identità del segnalante appare, di regola, del tutto inutile a tali fini.

L’esperienza invece dimostra che il “segreto” può essere violato dal PM con motivazioni apparenti, quali ad esempio “Ritenuta la necessità, ai fini di poter proseguire le indagini, di conoscere il contenuto della segnalazione e di eventuali successivi approfondimenti o aggiornamenti, dispone l’acquisizione integrale della segnalazione n°….”. Con un simile provvedimento, la segnalazione, che fino a quel punto era nota nei suoi contenuti ma non nell’identità del segnalante, viene acquisita al procedimento e, conseguentemente, resa nota proprio al soggetto segnalato.

Finché il soggetto segnalante è “l’ufficio legale della banca X”, saremmo ancora nel campo della quasi anonimità. Ma se la segnalazione fosse stata effettuata dal Dott. Guarnerio, ci sarebbe poco da nascondersi dietro un fantomatico “ufficio legale del professionista”.

È bene, quindi, che tutti i colleghi siano informati del fatto che la loro segnalazione, proprio nel caso in cui sarà foriera di sviluppi, sarà inevitabilmente resa nota al segnalato.

Urge, a questo punto, un intervento forte da parte dei nostri rappresentanti nazionali, sostenuto da uno “sciopero” sugli adempimenti antiriciclaggio da parte della categoria, affinché si metta un blocco invalicabile sulla rivelazione del segnalante quando questi è un professionista, e non un “soggetto collettivo” come una banca.


Giampiero Guarnerio
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano

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