Se la lotta all’evasione diventa «caccia» al gettito
Caro Direttore,
è innegabile come la lotta all’evasione sia ormai diventata la chiave per rimettere finalmente un po’ in ordine i conti pubblici, ma la sensazione che abbiamo noi operatori che quotidianamente dobbiamo confrontarci con l’Agenzia delle Entrate è che la strategia del Fisco sia quella di andare a cercare i soldi non già da chi ha evaso, ma semplicemente da chi un reddito, due soldi e qualche bene al sole ce l’ha e conseguentemente “ha da perdere”.
Tutti gli annunci roboanti che leggiamo quando vengono pizzicati i fantomatici “evasori totali” si traducono poi molto spesso (per non dire quasi sempre) in un gettito effettivo scarso o nullo, perché con ogni probabilità gli evasori non sprovveduti hanno messo al sicuro beni e denari in qualche paradiso inaccessibile, in società-cassaforte dalla proprietà assai opaca o, più semplicemente, in capo a prestanome; e, siccome le procedure per l’apprensione di queste attività sono di efficacia scarsa o nulla, va a finire che l’Erario resta con un pugno di mosche e, al più, ottiene qualche condanna penale coperta da condizionale per coloro che non sono arrivati alla prescrizione.
La realtà, quindi, è che l’Agenzia il gettito necessario lo cerca sfruttando al massimo le potenzialità degli strumenti presuntivi, operando ricostruzioni quantomeno discutibili dei volumi di affari e giocando su quella mostruosità solo italiana che è l’iscrizione provvisoria in pendenza di ricorso: il contribuente riceve un accertamento in buona parte campato per aria e viene messo di fronte all’alternativa tra pagare una certa cifra e chiudere la partita, oppure fare ricorso, affrontare le relative spese professionali e l’alea sempre presente nel giudizio, col rischio in caso di sentenza sfavorevole di dover sborsare 4 o 5 volte tanto.
E questi accertamenti, come dicevo all’inizio, non colpiscono solo evasori incalliti e conclamati, ma spesso e volentieri anche soggetti che hanno l’unico torto di avere da perdere. Per carità, si sta parlando di strumenti e procedure perfettamente lecite, ma non mi pare questo il modo per rinsaldare un rapporto corretto tra Fisco e contribuente, perché si continua a far pagare sempre i soliti che hanno già pagato, esasperando i cittadini onesti che, vistisi incolpevolmente “derubati”, quando ne avranno l’occasione proveranno ad evadere davvero.
E l’ulteriore profilo critico di questo modo di agire è che si vanno a colpire adesso soggetti che magari nel 2008 o 2009 (anni oggetto del controllo) ancora riuscivano a sopravvivere, ma che adesso rischiano di ricevere dal Fisco la mazzata finale sulle loro aziende ormai asfittiche.
Spero che quanto sopra sia solo una mia sensazione, ma il sospetto che si sia ancora lontani dal far pagare sul serio chi davvero ha evaso è forte.
Alessandro Lumi
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Pistoia
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