Estrarre i revisori come negli enti locali sarebbe più vicino a una vera terzietà
Egregio Direttore,
ho letto con grande interesse la lettera, da voi pubblicata nei giorni scorsi, a firma del collega Roberto Peruffo (si veda “La terzietà non riguarda la distinzione «ordinistica» di commercialisti e revisori”), così come peraltro le precedenti insistenti sul medesimo oggetto, ne ho apprezzato e condiviso le premesse, ovvero la genesi cromosomica del concetto di terzietà, ma mi permetto di dissentire, seppur parzialmente, in merito a talune conclusioni.
In particolare, pensare di trasferire la nomina ad un soggetto terzo, qualsiasi esso sia e con i dovuti distinguo – ci tengo a precisarlo – credo che non eliminerebbe efficacemente il problema sotteso alla circostanza che sindaci e revisori vengono, oggi come ieri, nominati dal medesimo soggetto controllato. Ricordo, innanzitutto a me stesso, che il nostro Paese si chiama Italia. Non vorrei con questa banale considerazione essere tacciato di disfattismo o, peggio ancora, di qualunquismo, ma l’esperienza di ciascuno di noi credo possa condurre a riflessioni omogenee e similari sul punto.
A mio sommesso avviso, trasferire la nomina ad un soggetto terzo potrebbe comportare, prima o poi, il replicarsi del fenomeno oggi esistente e deprecato, neanche tanto velatamente, dal collega.
La critica costruttiva cerca anche di proporre modelli o soluzioni alternative. Mi sforzerò di farlo, posto che il possibile sentiero che andrò ad individuare rappresenta una considerazione personale a voce alta e niente più.
Per farlo, parto dalle modalità di nomina dei revisori degli enti locali. L’art. 16, comma 25 del DL 138/2011, conv. L. 148/2011, ha individuato nuove modalità per la nomina dei revisori dei conti degli enti locali. A decorrere, infatti, dal primo rinnovo dell’organo di revisione successivo alla data di entrata in vigore del decreto, i revisori dei conti sono scelti mediante estrazione da un elenco nel quale possono essere inseriti, a richiesta, i soggetti iscritti, a livello regionale, nel Registro dei revisori legali nonché gli iscritti all’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, purché, ovviamente, abbiano i requisiti previsti dalla legge.
È facile intuire, con questa premessa, dove andranno a parare le mie considerazioni. Piuttosto, quindi, che trasferire l’attuale meccanismo di nomina, giusto o sbagliato che sia, dalle mani di un soggetto, privato, alle mani di altro soggetto, pubblico o privato di interesse pubblico, verrebbe da pensare che si potrebbe mutuare il meccanismo di nomina esistente per i revisori degli enti locali.
È indubbio che vi siano anche in questo caso alcune criticità, anche abbastanza pesanti, ma è altrettanto evidente che, tra i vari sistemi individuabili, è il metodo che più di tutti si può avvicinare al principio della terzietà. Quanto confligga, invece, con il principio della meritocrazia è poi tutto da indagare e comprendere. Se partiamo dall’assunto estremo, sicuramente sbagliato, che l’incarico fiduciario di nomina a sindaco o revisore nelle società private non si sovrappone mai al merito dei soggetti designati, ebbene, il percorso alternativo di nomina, qui ipotizzato, dimostra una totale invarianza al principio meritocratico, rispetto a quanto presuntivamente accade oggi. Ma l’assunto, va da sé, è sbagliato.
Il meccanismo del sorteggio, pertanto, potrebbe ottemperare a certi principi, tutti contigui tra loro, quali una maggiore autonomia, terzietà, imparzialità ed indipendenza, ma rischia, da un lato, di penalizzare il merito, nella sua accezione più elevata, e, dall’altro, di poter essere tacciato di incostituzionalità, in quanto limitativo dell’autonomia decisionale di soggetti privati. Quanto alla penalizzazione del merito, però, analoga considerazione andrebbe fatta, a questo punto, anche per il novellato meccanismo di nomina dei revisori degli enti locali. La risposta la si può ritrovare nel percorso formativo e d’esperienza che i professionisti, inclusi negli elenchi dei soggetti sorteggiabili, devono avere e mantenere nel tempo.
Inutile avventurarsi sull’aspetto qualitativo della formazione, sarebbe troppo ingeneroso, populista e rischierebbe di allontanarci dal presente ragionamento. Lo standard qualitativo dei soggetti, peraltro già in parte presente oggi, assicurerebbe, nonostante e a dispetto del sorteggio, il rispetto più o meno uniforme del principio meritocratico, anche se le eccellenze sarebbero, comunque, statisticamente penalizzate. Rimane il problema irrisolto, credo, degli eventuali profili di incostituzionalità legati alla limitazione dell’autonomia privata, tutelata indirettamente dagli artt. 3 e 41 Cost.
Ripeto, le mie sono considerazioni a voce alta.
Non rilevo particolari problemi, invece, legati al fatto che i compensi per l’espletamento della funzione siano erogati direttamente dall’azienda controllata. Sempre per similitudine, i revisori sorteggiati degli enti locali sono, poi, materialmente retribuiti dagli enti presso cui svolgono la loro attività professionale. Sicuramente contrario, quindi, alla creazione di un soggetto che raccolga, con modalità che possono essere le più varie, la contribuzione dalle aziende private per poi corrispondere direttamente ai sindaci e/o ai revisori legali i compensi loro spettanti. Di burocrazia il nostro Paese sta già morendo, non alimentiamola ulteriormente.
Assolutamente favorevole, invece, al limite del doppio mandato e, facendo rientrare dalla finestra una vecchia battaglia dell’UNGDCEC, all’introduzione di un limite agli incarichi, quale che possa essere la sua ragionata e ragionevole individuazione.
Marco Cramarossa
Presidente UGDCEC di Bari e Trani
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