Dovremmo predisporre una sistematica richiesta preventiva di proroga
Egregio Direttore,
leggendo il suo assai efficace editoriale di qualche giorno fa e della ventilata proroga dell’adempimento legato all’invio dello spesometro (si vedano “Per lo spesometro, o tutti o nessuno” del 26 ottobre e “Per i commercialisti, la scadenza dello spesometro dev’essere rinviata” del 31 ottobre), mi sono venuti in mente, seppur con il massimo rispetto per una delle più belle poesie del Novecento e per l’immane tragedia in essa sottesa, i versi di Ungaretti: “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”. Ebbene, con le dovute e opportune differenze, quel disperato senso di precarietà, sapientemente espresso in quei pochi fulminanti versi, ben rappresenta, ritengo, la condizione di molti commercialisti. L’amara constatazione è che, forse, avrei bisogno anche io di una proroga da questa professione che, bontà loro (ovvero Legislatore e Agenzia), mi stanno facendo piacere, ogni giorno che passa, sempre meno. Lo dico con grande rammarico e smisurata tristezza.
Eppure, non è sempre stato così. Ricordo i miei tre anni di pratica. Tre anni di assidua frequentazione dello studio del mio dominus, anche oltre gli orari canonici previsti per il tirocinio, e di studio “matto e disperatissimo”, su questo il collega potrebbe testimoniare anche sotto giuramento. Ricordo i primi anni da professionista abilitato, le prime piccole e grandi soddisfazioni, anche economiche, e l’allestimento di uno studio in proprio. Poi, le responsabilità, sempre più crescenti e soffocanti, le scadenze e gli adempimenti e la mordente crisi, dalla quale, specie i giovani professionisti, sono stati, purtroppo, allattati praticamente sin dalla nascita. Ancora, la costante difficoltà di riuscire nel tentativo di conciliare il quotidiano aggiornamento, rispetto a un legislatore sempre più isterico e a un ancor più schizofrenico interprete ministeriale, con gli improcrastinabili impegni di studio.
Non vorrei che queste parole sembrassero le confessioni di un professionista ottuagenario, avendo io poco più di quarant’anni, ma vogliono, invece, sinteticamente ricostruire una, seppur breve, vita professionale, comune probabilmente a tanti altri colleghi.
Qualcuno si è preso la briga di fare la resa numerica degli adempimenti cui siamo sottoposti e, pur non avendo fatto una personale verifica, ritengo i numeri plausibili. Vi sarebbero, in circa 250 giorni lavorativi, la bellezza di 888 scadenze fiscali. Ne basterebbe solo la metà, per poter già affermare serenamente che davvero troppe! Se il tentativo di questa esponenziale proliferazione di adempimenti dovesse riposare sul desiderio di scoraggiare i professionisti dal compierli, così da riversare quote di mercato su altri operatori, forse più graditi, o sugli Uffici locali dell’Agenzia, mi sembra che stia cominciando ad avere qualche effetto.
In questa selva, “selvaggia e aspra e forte”, di adempimenti telematici e di scadenze di varia natura, camminano riottose, felici e festanti, senza pretesa di esaustività, le proroghe, i rilasci delle procedure di controllo sotto scadenza e le deroghe sistematiche allo Statuto del contribuente. I dottori commercialisti hanno un gran rispetto dello Statuto, forse perché sono anche loro, innanzi tutto, contribuenti e forse perché il rispetto, o meglio il mancato rispetto, di quelle norme incide pesantemente sulla nostra vita professionale e personale. Lo Statuto del contribuente è anche un po’, in fondo, lo Statuto del dottore commercialista, ma non sarebbe male prevederne una specifica istituzione, perché anche noi abbiamo i nostri sacrosanti diritti, oltre che doveri.
La nostra funzione di pubblica utilità non può essere né svilita, né abusata. Vogliamo essere utili al Paese e ai contribuenti, ma a condizione che vi sia rispetto anche per noi e non mi sembra che questo accada, specie ultimamente. Pare normale che si debba sempre levare qualcuno a chiedere una proroga per l’adempimento di turno? A questo punto, direi di istituzionalizzare una sistematica richiesta preventiva di proroga, tanto per qualche adempimento tornerebbe, comunque, utile, prima o poi. Ma possiamo, davvero, andare avanti così? Me lo chiedo tutte le mattine entrando in studio e temo il giorno in cui avrò una risposta sicura in tasca.
Non voglio essere però troppo pessimista, non sarebbe giusto nei confronti dei tanti colleghi e dei tanti tirocinanti – a dire il vero sempre meno, secondo il rapporto del primo trimestre 2013 dell’IRDCEC – che si affacciano alla professione con tante speranze e tanto entusiasmo, giustamente. Ecco, vorrei che la sana e ardente passione per la professione avesse per tutti loro, ancora oggi, lo stesso effetto che l’amore ha avuto su Oblomov, magari prolungato e non temporaneo come nel romanzo di Goncarov.
Non lasciatevi intimorire dall’attuale stato delle cose e né, tantomeno, da queste mia lettera, domani è un altro giorno e, magari, recherà con sé la proroga dell’odierno malessere, oltre quella, probabilmente, di qualche inutile adempimento.
Marco Cramarossa
Dottore Commercialista in Bari
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