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LETTERE

La vera spending review? Un controllo forte e indipendente

Martedì, 15 aprile 2014

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Gentile Redazione, 
la L. n. 56/2014, per ora, è passata all’opinione pubblica con il messaggio dell’abolizione delle Province, per le quali non si voterà più. Un segnale decisamente importante, se si osserva che al vertice dell’attuale Governo ci sono due ex sindaci.

Ma non è l’unico segnale: tra le maglie dell’unico articolo della legge si trova una “piccola” novità al comma 110 lett. c), una facoltà (non un obbligo), che – non è difficile immaginare – troverà subito d’accordo gli amministratori locali interessati e che prevede che “possono essere svolte dalle unioni di comuni in forma associata anche per i comuni che le costituiscono [...] le funzioni dell’organo di revisione: per le unioni formate da comuni che complessivamente non superano 10.000 abitanti, sono svolte da un unico revisore e, per le unioni che superano tale limite, da un collegio di revisori”. Traduzione: un altro consistente taglio alle funzioni di controllo negli enti locali. Ma non si tratta solo di un problema di numero di incarichi disponibili, che comunque verranno pesantemente falcidiati, anche per l’abolizione delle Province.

Il problema vero è che in questa, come in altre precedenti disposizioni, si legge fin troppo facilmente l’allergia della politica verso un sistema di controlli qualificato e indipendente, senza che si vedano all’orizzonte terapie adeguate.
La nostra categoria, che è tutto tranne che una corporazione, ha ottenuto quasi miracolosamente la possibilità di assumere incarichi senza il condizionamento della nomina da parte dei controllati: oggi il revisore viene nominato per estrazione a sorte, fuori dalla logica dello spoils system, e non soggiace più al ricatto del mancato rinnovo, tanto sa già che farà un solo mandato. Non ha più remore ad esercitare le proprie funzioni in piena indipendenza, anche se tacciato di terrorismo verso politici resistenti a qualsiasi bilancio.

Attenzione, però: i miracoli sono iniziati e terminati con l’estrazione a sorte. Anzi, pare che il legislatore, per giusto contrappeso, abbia deciso di trasformare la categoria in una sorta di jukebox che funziona con un solo gettone per tutta la durata del mandato e ha così dato corso alla stagione delle grandi riforme nell’esercizio del controllo interno ed esterno, dimenticando che i compensi sono fermi ad un decreto di nove anni fa, che quasi nessun ente rispetta.

Con lo stesso compenso, i revisori degli enti locali sono stati quindi obbligati a compilare i questionari della Corte dei Conti (i più fortunati ricorderanno l’anno in cui hanno dovuto inviare tre volte gli stessi dati, in word, in excel, via web), a dare parere su qualsiasi regolamento come sulle relazioni semestrali del sindaco e a certificare da ultimo le relazioni di fine mandato, magari dopo avere essi stessi fornito agli enti copia dei questionari inviati per consentire il reperimento dei dati necessari. In realtà, non è nemmeno lo stesso compenso: nel frattempo il DL 78/2010 ha introdotto il taglio del 10%, trattando i revisori come costi della politica, con la benedizione della Corte.

Fin troppo chiara la logica, che trova in evidente e stabile simbiosi politica e burocrazia: gravare il controllore di sempre maggiori responsabilità e, soprattutto, di una quantità enorme di lavoro. Fin troppo chiara l’aspettativa: il revisore desideroso di fare correttamente e sino in fondo il proprio lavoro, sommerso dalla mole di carte che gli riversano addosso, sarà così tanto occupato da ridurre da solo al minimo i “danni” del possibile controllo.

Ma è questa la logica corretta? È questo ciò che serve perché la P.A. contribuisca a risolvere la profonda crisi economica del nostro Paese? Interessanti e suggestivi i discorsi sulla spending review e sul taglio di enti e partecipate inutili: ma da quanti anni se ne sta parlando senza che accada niente? Non occorre piuttosto che la politica dimostri il giusto rispetto per le persone cui affida il ruolo di controllore, passando anche – ma non solo – dai compensi, che vanno adeguati a capacità e professionalità messe in campo e non anche ai legami personali e fiduciari?

Serve che la politica prenda finalmente atto di quale risorsa possa essere la funzione di revisione, che deve pretendere sia svolta in modo serio, corretto e indipendente: una risorsa da sola in grado di portare risultati più concreti ed efficaci di qualsiasi manovra di spending review, la più equa delle manovre finanziarie. A volerla.

Per questo occorre che la politica consolidi il ruolo dei revisori negli enti locali, aumentandone il numero da 3 a 5 negli enti dai 50.000 abitanti in su ed eliminando ovunque gli inutilmente costosi organismi interni di valutazione. Per questo occorre estendere immediatamente la procedura di estrazione a sorte a tutti i revisori di nomina pubblica, in tutti gli organismi partecipati non solo dagli enti locali, ma da qualsiasi pubblica amministrazione.


Sergio Moretti
Presidente Associazione Nazionale Certificatori e Revisori Enti Locali – ANCREL Marche

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