Nella dichiarazione doganale niente compensazione tra più errori
L’Agenzia delle Dogane ha pubblicato ieri sul proprio sito due note, la n. 16407/RU del 9 febbraio e la n. 23061/RU del 20 febbraio 2015, che forniscono chiarimenti sulla corretta applicazione dell’art. 303 del DPR n. 43/1973 (TULD) sulle dichiarazioni relative alla qualità, alla quantità ed al valore delle merci destinate all’importazione definitiva, al deposito o alla spedizione ad altra dogana con bolletta di cauzione.
La norma dispone le sanzioni amministrative nel caso in cui le dichiarazioni non corrispondano all’accertamento. La nota n. 16407/RU verte proprio sulla sua corretta applicazione nel caso di dichiarazioni contenenti più “singoli”; risponde dunque al quesito se tale applicazione debba riferirsi a ciascuna dichiarazione, complessivamente considerata, oppure a ciascun “singolo” in essa contenuto.
Le Dogane precisano che il principio generale del divieto di compensazione tra diverse dichiarazioni doganali (e in genere fiscali) sussiste anche con riguardo ai singoli fatti dichiarati all’interno di ciascuna di esse e, in particolare, a ciascun “singolo” di cui essa è composta. Operare diversamente, infatti, oltreché essere contrario all’art. 198 del Reg. Cee 2454/93, comporterebbe un’indebita differenziazione tra operazioni economiche analoghe, trattando più favorevolmente l’operatore che abbia preferito formulare una dichiarazione contenente più “singoli” rispetto ad un altro che abbia scelto di sdoganare le medesime partite di merci con più diverse dichiarazioni. Il principio di indifferenza tra le due modalità dichiarative, dunque, è la ratio della citata norma comunitaria che, per questo, impone di considerare ciascun “singolo” quale autonoma dichiarazione.
Secondo l’Agenzia delle Dogane potrebbe convergere in tal senso anche la normativa nazionale. Il testo attualmente vigente dell’art. 303 del TULD, modificato dal DL 16/2012, ha previsto, contrariamente a quanto disposto dallo Statuto del Contribuente, sanzioni per violazioni di carattere anche esclusivamente formale. Dunque, si legge nella nota, può ritenersi che il legislatore sia intervenuto, per ottenere, a fronte della riduzione quasi totale e semplificazione dei controlli doganali, una maggiore responsabilizzazione e accortezza degli operatori nel redigere le dichiarazioni. In questa logica è indifferente che vi sia un tributo evaso oppure no; quel che rileva è che un’inesatta dichiarazione comporta per l’operatore la certezza quasi assoluta che esso non sarà sottoposto ai controlli doganali di tipo fisico, salvi i controlli “a campione”.
Per le Dogane, dunque, è evidente che ciascun elemento dichiarato deve essere oggetto di particolare cura ed eventualmente di sanzione, di per se stesso considerato, senza alcuna possibilità di effettuare compensazioni tra più diversi errori all’interno della singola dichiarazione.
L’Agenzia doganale ricorda, infine, che i dichiaranti incorsi in errori possono beneficiare della disciplina del concorso formale, qualora più favorevole e laddove ne ricorrano le condizioni (ex art. 12, comma 1 del DLgs. 472/97). Inoltre, gli operatori possono, di propria iniziativa, ed entro 90 giorni dalla definitività dell’accertamento, chiedere la revisione dello stesso, beneficiando della (integrale) non applicazione delle sanzioni ex art. 20, comma 4, della L. 449/97. Su quest’ultimo punto è intervenuta la successiva nota n. 23061/RU, precisando che qualora la revisione dell’accertamento venga richiesta appunto entro 90 giorni dalla data in cui l’accertamento è divenuto definitivo non si applicheranno, come previsto dalla norma, anche gli “interessi” di cui all’art. 86 del DPR 43/1973 che, diversamente, troveranno applicazione qualora la richiesta sia stata presentata oltre il suddetto termine.(Redazione)
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