L’ISEE è uno strumento sempre più iniquo
Spettabile Redazione,
ho compilato di recente il mio personale modello ISEE e non mi posso astenere dal fare le riflessioni che seguono. In linea generale, per noi commercialisti costituisce sempre un disagio dover fare questa pratica. I motivi sono noti a tutti: istruzioni farraginose, difficoltà nel reperire i dati dai clienti, se si vuol far bene il lavoro dobbiamo dedicarci molto tempo e (dulcis in fundo) la prestazione deve essere gratuita.
Ma la cosa che più mi fa indignare è l’assoluta mancanza di equità dello strumento.
I livelli al di sotto dei quali sono previsti gli sconti si sono molto alzati negli ultimi anni (vedi l’ISEEU per le tasse universitarie). Pertanto capita sempre più spesso di compilare l’ISEE per coloro che svolgono un’attività economica attraverso una società, una ditta individuale o un’attività professionale. Seguendo le istruzioni alla DSU, pag. 10, lettere h) ed e) in relazione al “patrimonio mobiliare”, ci si accorge in maniera palese che c’è qualcosa che non funziona.
In sostanza chi è socio o imprenditore individuale di una ditta in contabilità ordinaria prende a riferimento il valore del patrimonio netto (attivo-passivo), mentre chi è in semplificata deve prendere in esame solo le voci dell’attivo (beni ammortizzabili, rimanenze e altri cespiti o beni patrimoniali). È evidente l’ingiustizia e la mancanza di equità: mi sfugge il motivo per cui chi è in contabilità semplificata non possa tenere conto delle passività a differenza di chi tiene la contabilità ordinaria. Nelle FAQ che trovo di corredo alle istruzioni (più precisamente a pag. 23 la n. FC2_18), l’INPS risponde rinviando la patata bollente al Dipartimento delle Finanze del MEF. Inoltre viene ribadito che, in attesa della risposta, le imprese in semplificata “al fine di consentire l’agevole compilazione del quadro in esame” devono seguire pari pari le istruzioni. A me non risulta ancora nessuna novità da parte del Dipartimento delle Finanze.
Stesso problema per i professionisti. Faccio l’esempio banale del mio caso personale: nella DSU devo indicare tutti i conti correnti attivi, i titoli, i fondi comuni, eccetera, compresi anche quelli relativi all’attività professionale. Si dà il caso che in quelle attività ho accantonato, per esempio, anche la liquidità che mi servirà un domani per pagare l’ingente debito per il TFR maturato in favore delle mie tre dipendenti.
Francamente non mi pare equo che il mio valore ISEE venga incrementato anche da ciò che è destinato a coprire i debiti relativi all’attività mentre, per situazioni analoghe, la mera tenuta della contabilità ordinaria comporta (giustamente) anche il riconoscimento in deduzione dei debiti.
Non ho ancora trovato specifici commenti su questo problema e gradirei che se ne parlasse, anche perché l’ISEE dovrà essere presentato da un numero sempre più alto di imprenditori e professionisti.
Piero Ciampolini
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Firenze
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