Facciamo chiarezza tra di noi prima di esporci in piazza
Caro Direttore,
come appartenente alla categoria dei dottori commercialisti, leggo sempre con vivo interesse e coinvolgimento gli interventi dei colleghi, opinioni tra loro molto discordanti.
Anche nell’ambito professionale, così come già vissuto nel mondo del lavoro dipendente, la componente sindacale tende da un lato a rafforzarsi e dall’altro a non intercettare le vere necessità di noi operatori; anzi, le sigle sindacali si allontanano giorno dopo giorno dalla loro mission, cadendo in un circolo vizioso nel quale trascina seco pure il Consiglio nazionale. E mi spiego.
Si legge troppo spesso il motto secondo cui dovremmo essere categoria utile al Paese, espressione coniata da chi ha avuto la presidenza della categoria, gettando però egli stesso in primis quest’ultima in uno scompiglio che, a distanza di anni, ancora non è stato ricomposto.
Il voler essere protagonisti è cosa diversa dall’essere accecati dalla personale smania di protagonismo.
Continuiamo a coltivare il più grosso e mortale degli errori politici per la categoria: ambiamo a essere i paladini dei contribuenti di fronte a un Fisco invadente e ingiusto, quando non abbiamo titolo per rappresentare niente e nessuno, al di fuori di noi stessi.
I risultati di questa suicida e infruttuosa lotta sono sotto gli occhi di tutti: le associazioni delle categorie imprenditoriali, vere titolate a rappresentare i loro iscritti (anche se nostri clienti), prendono le distanze da noi; il Governo, che ha naturalmente nella leva tributaria il centro nevralgico della propria strategia di intervento, trova in noi un antagonista politico non qualificato, perché privo di rappresentanza effettiva di un interesse sociale.
Quindi ai giovani commercialisti, o meglio ai sindacalisti che si nascondono dietro a tale suggestivo aggettivo, rivolgo appello affinché orientino la propria attività di rappresentanza alla difesa di ciò che di meritevole c’è in una categoria di professionisti che non ha eguali nel panorama internazionale, piuttosto che giustificare il proprio motivo di essere con scioperi che, come leggiamo nelle pagine di questa rivista, suscitano non poche perplessità.
La mancanza di chiarezza del mondo sindacale ha oggi raggiunto il suo apice, con la profonda contaminazione da esso perpetrata all’agire del Consiglio nazionale, foriera di risultati che ho motivo di ritenere non migliori del disastroso spettacolo offerto nel recente passato.
Impariamo dalla storia: quando politici e sindacalisti si confondono tra loro, al punto da risultare impossibile una netta distinzione tra i ruoli, la linea politica si esaurisce e il mondo sindacale viene espulso e disatteso.
I nostri sindacati sono ormai puri veicoli per la conquista di seggi nel Consiglio nazionale e nella Cassa di previdenza: il gioco è fatto ed evidente; ancor più chiari ed evidenti ne sono i malsani frutti.
In conclusione, prima di esporci in piazza sarà bene chiarirci tra di noi, acquisendo consapevolezza tanto delle nostre indubbie qualità tecnico-professionali, quanto delle nostre debolezze politiche, frutto di mai sanate contraddizioni di sistema.
Renzo Dugo
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Treviso
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