Per le specializzazioni il mercato c’è già
Caro Direttore,
ho letto con interesse la lettera pubblicata martedì 21 novembre a firma del collega Francesco Andrea Falcone (si veda “Ci vuole un mercato per le specializzazioni”).
Partendo dall’esempio della sua cliente, odontoiatra specializzata nel trattamento dei bambini e poi costretta a fare l’odontoiatra generalista, mi sono venute spontanee alcune osservazioni, che qui desidero condividere.
Innanzitutto l’esempio non mi pare dei più calzanti, in quanto l’odontoiatria è già una specializzazione della medicina, che non potrebbe prevedere tante altre sottospecializzazioni, oltre a quella pediatrica. Rimanendo nel settore, molti odontoiatri, almeno nelle nostre zone, stanno soffrendo la forte concorrenza delle grosse strutture situate appena al di là del confine, in grado di applicare tariffe ben più competitive con servizi di buona qualità.
Voglio dire che anche noi dobbiamo capire per tempo dove si indirizza il “mercato”, per evitare di soffrire crisi ancora più importanti di quella che stiamo vivendo oggi. Dobbiamo cioè cercare di capire per tempo quali saranno nel prossimo futuro le esigenze dei nostri clienti. Non possiamo nemmeno internalizzare, come suggerisce il collega, servizi che non siamo in grado di offrire in modo adeguato.
Il collega dice che è falso affermare che i nostri clienti non avranno più bisogno del commercialista come sostiene il Direttore dell’Agenzia delle Entrate e che i nostri studi si svuoteranno: e se invece fosse vero?
Il progetto delle specializzazioni, come più volte ribadito, è facoltativo: chi crede che il prossimo futuro vedrà protagonisti quei colleghi e quegli studi in grado di offrire servizi di qualità in quanto fortemente specializzati deve essere messo nelle condizioni di poter frequentare corsi organizzati per specifici settori di attività e di poter spendere il relativo titolo acquisito.
Solo così si vince la concorrenza dal basso di chi, non potendo fornire un servizio di qualità, si basa unicamente su tariffe concorrenziali al ribasso e dall’alto da altri soggetti, sempre più presenti e aggressivi, come le società di consulenza e studi di advisory finanziaria e legale.
Posso garantire che dalle nostre parti questo non è un futuro immaginario ma un presente concreto, con il quale già stiamo facendo i conti. Non per niente tutti i corsi organizzati dalla nostra SAF sono assai richiesti, oltre che ben organizzati; chi farebbe 200 ore di formazione su una determinata materia se non lo avvertisse come necessità professionale?
Per far partire bene le SAF ovunque occorre che i responsabili delle stesse aiutino a far percepire questa prospettiva.
Ben fa quindi il Consiglio Nazionale a portare avanti contestualmente sia le istanze di quotidiana sopravvivenza, che vanno a beneficio della stragrande maggioranza degli studi che opera in maniera tradizionale, sia progetti di più ampio respiro e lunga veduta.
Alberto Mion
Presidente ODCEC di Verona
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