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Solo ad attività esaurita compenso «definitivo» all’amministratore giudiziario

/ REDAZIONE

Mercoledì, 4 luglio 2018

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La Cassazione, con la sentenza n. 17375, depositata ieri, ha fornito alcuni chiarimenti in merito alla determinazione del compenso di un avvocato, che aveva ricoperto, in una prima fase, le funzioni di custode e amministratore giudiziario e, in una seconda fase, quella di ausiliario del giudice per la vigilanza sull’osservanza delle prescrizioni imposte dalla misura preventiva del sequestro.
Il giudice, nel provvedere in via definitiva sulle istanze di liquidazione, aveva riconosciuto a favore dell’avvocato, che si era fatto coadiuvare da alcuni collaboratori, un compenso per le due voci separate di attività di amministratore giudiziario e di organo di controllo; a carico dell’Erario erano stati posti i compensi per le attività di “amministrazione-custodia” per tutta la durata della procedura.

Contro tale provvedimento, l’avvocato presentava opposizione, respinta, poi, dal Presidente del Tribunale, avverso la quale ordinanza il professionista ha proposto ricorso in Cassazione.
Il ricorso viene respinto. Sottolinea innanzitutto la Cassazione che ha carattere unitario e di durata l’attività dell’amministratore giudiziario (come quella del custode), cessando solo con la sua revoca (o con la definizione del relativo procedimento penale); tale attività, dunque, non si esaurisce in un unico atto ma si protrae fino al raggiungimento delle finalità stabilite. Pertanto, il credito per l’attribuzione di acconti (ex art. 2-octies, quinto comma della L. 575/65, abrogato dal DLgs. 159/2011), fino al momento della liquidazione finale, non è né liquido né certo. I singoli provvedimenti di liquidazione integrano statuizioni provvisorie e modificabili, anche in mancanza di impugnazione degli interessati; solo ad attività esaurita si può provvedere in maniera definitiva sulla misura e sulla spettanza del compenso, in considerazione dell’impegno profuso e dei risultati raggiunti.

Aggiunge ancora la Suprema Corte che per la determinazione del quantum è irrilevante il fatto che i compensi fossero stati concordati con la società, essendo questa prerogativa dell’autorità giudiziaria in ragione della natura pubblicistica (non privatistica) dell’incarico conferito al ricorrente. Per tali tipi di rapporti, inoltre, non può invocarsi la valenza probatoria vincolante per il giudice delle iscrizioni a bilancio dei compensi erogati nel corso della procedura.

La Cassazione, invece accoglie un ricorso incidentale presentato, cassando il provvedimento impugnato e rinviando al giudice del rinvio, per la rivalutazione della spettanza dei compensi dell’attività di custodia o eventualmente rideterminarli rispetto alla maggiore o minore autonomia dei compiti di custodia rispetto a quelli di amministrazione e vigilanza.

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