Anche la distrazione di risorse può integrare il peculato
Secondo la Corte di Cassazione, può integrare il delitto di peculato, previsto dall’art. 314 c.p., la condotta del dirigente di una società “in house” che ordini l’estinzione di reati contravvenzionali contestati ai dipendenti della medesima società con l’impiego di risorse dell’ente.
Si tratta della sentenza n. 38260, depositata ieri, riguardante un procedimento in cui si contestava a costui di aver conferito al denaro pubblico – di cui egli aveva la disponibilità giuridica in virtù dell’ufficio ricoperto – una destinazione non conforme agli scopi di pubblico interesse a esso sottostanti, stante l’assenza di un provvedimento formale ricognitivo dell’esistenza di un obbligo giuridico o comunque di un interesse, concreto ed effettivo, della persona giuridica a provvedere in tale senso.
In estrema sintesi, il reato era contestato in quanto tale dirigente, approfittando del ruolo ricoperto quale responsabile dell’area finanza e bilancio, avrebbe distratto risorse della società ai fini del pagamento delle sanzioni pecuniarie inflitte ad amministratori e dirigenti persone fisiche per violazioni in materia di sicurezza sul lavoro e ambientali che han dato luogo a responsabilità penale personale dei singoli addetti.
Ai fini del peculato, infatti, il concetto di “appropriazione” comprende anche la condotta di “distrazione”, in quanto imprimere alla cosa una destinazione diversa da quella consentita dal titolo del possesso significa esercitare su di essa poteri tipicamente proprietari e, quindi, impadronirsene.
Tra l’altro, non trattandosi di violazioni rientranti tra i reati presupposto della responsabilità degli enti ai sensi del DLgs. 231/2001, non si ravvisava alcun interesse per la società all’estinzione delle relative sanzioni contravvenzionali.
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