Non restituibile l’IVA erroneamente versata dal fallimento
Con la risposta a interpello n. 455 pubblicata ieri, 31 ottobre 2019, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che non è possibile restituire l’IVA erroneamente versata in prededuzione dal fallimento per corrispettivi incassati relativi a operazioni effettuate ante procedura.
Il caso in esame riguarda la riscossione, da parte di un fallimento, dei crediti vantati nei confronti di un ente pubblico per prestazioni di servizi rese nel periodo anteriore all’apertura della procedura concorsuale. L’IVA relativa alle predette operazioni ha concorso alle liquidazioni periodiche ed è stata regolarmente versata nei termini di legge.
L’imposta per le operazioni ad esigibilità differita effettuate nel periodo anteriore al fallimento con corrispettivo incassato nel corso della procedura deve essere considerata un credito concorsuale e non un credito prededucibile, come precisato nella risposta a interpello dell’Agenzia delle Entrate n. 164/2019. Nell’istanza di interpello, pertanto, il curatore fallimentare ha chiesto se è possibile recuperare l’IVA indebitamente versata presentando una dichiarazione integrativa “a favore” oppure, ove non più possibile, un’istanza di rimborso.
L’Agenzia delle Entrate ha confermato che il curatore non aveva l’obbligo di versare il debito IVA relativo alle citate operazioni, fermo restando il diritto dell’Erario ad essere ammesso al passivo, anche tardivamente, per esigere il credito.
Ciò nonostante, il modo di procedere della curatela non configura un errore di natura fiscale, in quanto l’incasso del corrispettivo rende la relativa IVA esigibile. Di conseguenza, l’Amministrazione finanziaria non può procedere alla restituzione dell’imposta, né avrebbe titolo per recuperare la stessa tramite l’iscrizione a ruolo e l’insinuazione.
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