Non entra nella dichiarazione di successione il diritto di abitazione del convivente
L’Agenzia delle Entrate, nella risposta interpello n. 463, pubblicata ieri, ha ribadito che il diritto di abitazione della casa familiare spettante al convivente del defunto ex art. 1 comma 42 della L n. 76/2016 non entra nella dichiarazione di successione, in quanto configura un diritto personale di godimento attribuito ad un soggetto che non è erede o legatario.
L’art. 1 comma 42 della L n. 76/2016 (c.d. legge Cirinnà) prevede che al convivente superstite spetti il diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza (similmente a quanto previsto per il coniuge dall’art. 540 comma 2 c.c.) “per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni”.
L’Agenzia, confermando quanto già espresso nella risposta interpello 12 ottobre 2018 n. 37, ha precisato che non occorre che il convivente abbia nell’immobile la residenza anagrafica ai fini del riconoscimento del suddetto diritto di abitazione, ma è sufficiente un’autocertificazione resa ai sensi dell’art. 47 del DPR 445/2000, come illustrato dalla circ. n. 7/2018 (in tema di detrazioni).
Quanto all’inserimento nella dichiarazione di successione, l’Agenzia ha confermato che il riconoscimento del diritto di continuare ad abitare nella casa comune attribuisce al convivente solo un diritto personale di godimento, acquistato per la comunanza di vita attuata anche mediante la coabitazione, ossia attraverso la destinazione dell’immobile all’uso abitativo dei conviventi (così Cass. 27 aprile 2017 n. 10377).
Il convivente, dunque, non assume la qualifica di legatario dell’immobile in mancanza di una disposizione testamentaria volta a istituirlo come tale ai sensi dell’art. 588 c.c., pertanto il diritto di abitazione ex art. 1 comma 42 della L. n. 76/2016 non deve essere indicato nella dichiarazione di successione.
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