Da sciogliere il nodo del termine per la riassunzione in caso di fallimento
Il contrasto giurisprudenziale rende necessario devolvere la questione alle Sezioni Unite
Il tema della decorrenza del termine per la riassunzione del giudizio interrotto in seguito al fallimento di una delle parti processuali è stato largamente dibattuto dalla giurisprudenza e la coesistenza di plurimi indirizzi interpretativi reca il rischio di sacrificare la certezza del diritto.
In base all’art. 43 comma 3 del RD 267/42, l’apertura del fallimento determina l’automatica interruzione del processo (Cass. SS. UU. n. 7443/2008; Cass. n. 27165/2016; Corte Cost. n. 17/2010).
A fronte dell’interruzione di diritto (automatica), si pone il problema della tempestiva riassunzione del processo ex art. 305 c.p.c., per non incorrere nell’estinzione del giudizio, ad opera della parte cui il fatto interruttivo non si riferisce. Quest’ultima deve essere in grado
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