Va creata una squadra per tornare a sentirci fieri di essere commercialisti
Caro Direttore,
leggo sempre con attenzione i commenti, le interviste e gli studi che riguardano la nostra professione.
Nelle ultime settimane, mi hanno colpito in particolare tre diverse pubblicazioni: il tradizionale ed eccellente studio della Fondazione Nazionale sui numeri dei commercialisti, il post di facebook del 30 dicembre del Presidente dell’Unione nazionale giovani dottori commercialisti e l’intervista al Presidente dell’Ordine di Torino pubblicata il 6 gennaio su Eutekne.info (si veda “Asvisio: «I commercialisti non sono utili, ma indispensabili per il Paese»”).
Cosa sta succedendo alla nostra professione?
I numeri innanzitutto. Dopo anni di robusto incremento del numero degli iscritti, si vedono i primi segnali di flessione. Significa che si è raggiunto un livello fisiologico di saturazione del mercato o che la prospettiva di una carriera da professionista è ritenuta meno interessante di un tempo? I redditi sembrano reggere, pur con le significative differenze che contraddistinguono le diverse aree del Paese e che determinano modi profondamenti diversi di svolgimento della professione e continui cambiamenti anche in funzione di costanti novità normative.
A tal proposito, nessuno meglio del Presidente dell’Unione Giovani può raccontare come si sta modificando la nostra professione e Matteo De Lise, che è anche una penna fine, descrive perfettamente la capacità e la resilienza della nostra Categoria in un anno così difficile e individua delle possibili linee guida per il futuro.
Sin qui, dunque, una situazione difficile (cosa non lo è oggi?) ma in evoluzione con ruoli da ricoprire e contributi da dare.
Il quadro si incupisce quando si prova a individuare una linea comune e condivisa di azione politica per far fronte alle sfide che quotidianamente dobbiamo affrontare. So, per esperienze fatte, che è abbastanza semplice invocare l’unitarietà ma è estremamente complicato applicarla. E le parole di Luca Asvisio, pur nella sua consueta eleganza, fotografano impietosamente l’incapacità della categoria, specie nei lunghi frangenti che precedono i momenti elettorali, di far tesoro di quanto accaduto in passato per puntare a obiettivi strategici volti a garantire riconoscibilità ed autorevolezza ai commercialisti.
Chi scrive ha vissuto direttamente il disagio del commissariamento Laurini, allorquando con altri colleghi constatavamo, frustrati, la reggenza “burocratica” del Consiglio nazionale senza che vi fosse alcuna visione sul futuro.
Si deve allora impedire, come ahimè spesso accade nel Paese, che vi sia una politica debole alimentata dalla protesta per i disagi, ma priva di forza propositiva e di visione strategica.
Negli ultimi 25 anni ricordo solo un periodo di circa tre anni nel quale sembrava che la Categoria fosse compatta e orgogliosa dietro una guida che indicava una direzione condivisa, al riparo da beghe e complotti. Purtroppo, le guerre per la successione rovinarono quanto fatto sino a quel momento.
Faccio dunque appello a tutti i colleghi, su base locale prima e su quella nazionale poi, a cessare le guerre di posizione individuale per fare uno sforzo di sintesi, rivolto al futuro.
Che si trovi la volontà e la forza per creare una squadra che dedichi tempo e passione per tornare a farci sentire fieri di essere commercialisti.
Ne hanno bisogno i (sempre meno) giovani che sono attratti dalla professione economico-giuridica e, non meno importante, tutti noi per dare sempre maggiore continuità e forza alla nostra Cassa di previdenza.
Marco Piemonte
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Salerno
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