Sullo stralcio delle cartelle i numeri non giustificano l’indignazione
La norma ha più la valenza del condono che lo Stato fa a sé stesso
La norma inserita nel DL 41/2021, con la quale viene prevista la cancellazione delle cartelle con debiti residui fino a 5.000 euro relative a carichi consegnati tra il 2000 e il 2010 (purché il debitore abbia dichiarato un reddito imponibile nel 2019 non superiore a 30.000 euro) sta suscitando, insieme, la delusione di chi avrebbe voluto una cancellazione più ampia dal punto di vista degli importi, dei tempi e dei soggetti e l’indignazione di chi dice che il messaggio che passa con questa norma è che conviene non pagare.
La delusione dei primi appare assai più giustificata della indignazione dei secondi, perché, così configurata, la norma ha più la valenza del condono che lo Stato fa a sé stesso che non quella del condono di cui possono fruire schiere di “furbetti” e, se il messaggio che passa è invece quest’ultimo, la ragione è che ci sono quelli che lo ripetono (creando dunque loro un grave danno a quel sentimento di fedeltà fiscale che a parole vorrebbero difendere), invece di spiegare i numeri alla base di questa scelta.
Dei 987 miliardi di euro di cartelle pendenti, quelle che risalgono al 2010 o prima valgono 346,1 miliardi di euro ed è tra di esse che si concentrano con maggiore incidenza le cartelle ancora pendenti che sono a carico di soggetti falliti (40,9 miliardi di euro), soggetti deceduti e ditte cessate (72,9 miliardi di euro), soggetti risultati nullatenenti dopo i controlli sull’anagrafe tributaria (43,7 miliardi di euro) e soggetti che sono già sottoposti ad azioni cautelari ed esecutive di pignoramento (163,1 miliardi di euro).
Sono numeri aggiornati al 30 giugno 2020 e rinvenibili nell’audizione dello scorso 20 settembre 2020 del Direttore dell’Agenzia delle Entrate e della Riscossione avanti la Commissione Finanze della Camera.
La stessa nella quale si legge a chiare lettere l’auspicio dell’adozione di provvedimenti di stralcio dei debiti più vecchi e di minore importo, nonché l’interessante dato (a pagina 19) che “i contribuenti con debiti residui da riscuotere sono circa 17,9 milioni, di cui 3 milioni sono persone giuridiche (società, fondazioni, enti, associazioni, ecc.) mentre i restanti 14,9 milioni rappresentati da persone fisiche, di cui quasi 2,5 milioni con una attività economica (artigiani, liberi professionisti, ecc.)”; (chissà quanti, tra i 12,5 milioni senza attività economica, rientrano tra coloro che affermano di onorare tutti i propri debiti verso lo Stato e additano società e partite IVA come unici reprobi e reietti?).
Fermo restando che è lecito pretendere più efficienza da parte della macchina della riscossione (ma attenti a non confondere efficienza con ferocia, perché pare che tutti si siano dimenticati gli anni in cui le stesse trasmissioni televisive, che danno ora spazio all’indignazione anti-stralcio, facevano la cronaca dell’utilizzo talvolta feroce di ipoteche, fermi amministrativi e pignoramenti dalla “fu” Equitalia), è fisiologico che si crei un significativo arretrato di microcrediti la cui concreta riscossione, dopo qualche anno, è un miraggio oltre il 95% dei casi.
E del resto, la Relazione tecnica al DL Sostegni stima in appena 666 milioni di euro (di cui oltre 200 per diritti di notifica e spese di procedura, non per imposte, interessi o sanzioni) il costo per lo Stato dello stralcio, a fronte della eliminazione di cartelle per decine di miliardi di valore “facciale”. Ecco perché, se di condono si deve parlare, è più corretto parlare di condono che lo Stato fa a se stesso, evitandosi di dover proseguire in 15-20 milioni di procedure da cui si attende poco o niente, ma che occupano tempo e risorse della macchina. Ed ecco perché di patologico c’è semmai l’assenza di norme che consentano periodici “repulisti” di questo pregresso.
Chi ha sempre da offrire soluzioni facili a problemi complessi, dice che non serve fare provvedimenti come questi, che un minimo spazio ai “furbetti” lo concedono, basterebbe fare leggi che danno all’Agenzia delle Entrate e della Riscossione la possibilità di eliminare soltanto i debiti residui che essa giudica ormai effettivamente inesigibili al 100%. Peccato che chi dice questo, pecca, in buona o mala fede, di consapevolezza circa il fatto che una legge di questo tipo determinerebbe quella discrezionalità amministrativa che è il fecondo terreno della corruzione o della concussione, oppure, quando va bene, dell’arbitrio.
Senza contare, guardandola anche dal lato dell’Agenzia, che con una Corte dei Conti che ogni tanto si sveglia, nessun dirigente, comprensibilmente, si assumerebbe la responsabilità di cancellare debiti residui con propria decisione discrezionale, fossero anche di cartelle emesse nello scorso millennio.
Ecco perché, valutati tutti gli aspetti, misure come queste finiscono per rappresentare il male minore e non devono far pensare agli onesti pagatori che sarebbe stato meglio non pagare, perché, su 100 che vedono stralciata la loro cartella fino a 5.000 euro di oltre dieci anni fa, l’onesto pagatore non può certo invidiare i 95 che non pagano perché, a differenza sua, non hanno i soldi per poterlo fare; ma non dovrebbe nemmeno invidiare i 5 che i soldi li avrebbero e, pur di non pagare quella cifra, sono più di 10 anni che vivono senza un conto corrente o un bene intestato.