Si possono valutare modifiche al Codice della crisi a tutela della categoria
Gentile Direttore,
visto l’ennesimo rinvio dell’entrata in vigore del Codice della crisi e dell’insolvenza, mi permetto, da Presidente in prorogatio di un Ordine locale di fornire sommessamente due spunti di riflessione che potrebbero portare a modifiche e integrazioni alla legge sempre e solo a tutela della categoria, di tutti i commercialisti e soprattutto dei professionisti più giovani.
Una prima riflessione scaturisce dal percorso formativo necessario al fine di ricoprire il ruolo di curatore fallimentare, commissario giudiziario e anche custode delegato nelle esecuzioni immobiliari. Detto percorso inizia, ci auguriamo, con gli esami universitari nelle specifiche materie ulteriormente approfondite al fine del superamento dell’esame di Stato. Oltre ai 18 mesi di praticantato ove, se fortunato, il futuro commercialista potrà prendere contezza delle attività che svolge l’ausiliario del giudice, null’altro sarà necessario e all’esito del superamento dell’esame di Stato il commercialista potrà essere nominato nelle procedure sopra descritte così come previsto dal DLgs. 139/2005 all’art. 1.
La criticità che vorrei far emergere è che dette attività hanno un profilo di rischio che rappresenta sicuramente un elemento da non sottovalutare e anzi da far emergere, in modo che coloro che si apprestano a svolgerle abbiano ben chiaro come un equilibrato utilizzo del tanto caro principio di “scienza e coscienza”, corroborato dalla prudenza e da un altro fondamentale principio che è l’esperienza (che si acquisisce purtroppo con il tempo), possano permettere loro di svolgere l’ufficio assegnato in modo efficace, efficiente, ma soprattutto sicuro.
Attività come l’apposizione dei sigilli, l’accesso presso le abitazioni sottoposte a esproprio coatto, l’esecuzione dell’ordine di liberazione risultano sempre momenti particolarmente delicati e possono rappresentare, per il professionista chiamato a svolgerli, attività finanche rischiose. Nell’esecuzione di questi adempimenti il professionista, infatti, ha di fronte a se interlocutori che stanno vivendo, il più delle volte, un percorso psicologico indubbiamente duro che sottopone la psiche di chi ne è coinvolto a stress emotivi che spesso comportano il moltiplicarsi di problemi sia familiari che socio-economici non indifferenti.
Non varrebbe la pena introdurre, nella probabile ultima stesura del Codice della crisi e dell’insolvenza, presidi che permettano di mitigare i predetti rischi?
L’altro spunto di riflessione, sempre nell’ottica di un più facile e sicuro accesso alle attività sopra citate da parte dei giovani, è il seguente. La lettura attenta del Codice della crisi e dell’insolvenza, che prima o poi entrerà in vigore, si propone un giusto efficientamento delle procedure concorsuali in genere affidando al professionista “commercialista” un ruolo centrale in questo passaggio.
A ben guardare, detta legge risulta essere in alcuni punti anche severa con il professionista, non ammettendo deroghe rispetto alle tempistiche stringenti di alcuni adempimenti.
È, di converso, poco presente un principio di proporzionalità negli adempimenti predetti che si ispiri agli aspetti dimensionali delle aziende in crisi. Il combinato delle fattispecie sopra descritte produce una considerazione che potrebbe nella sua più ampia visione rappresentare una barriera all’accesso per i giovani alle funzioni giudiziarie.
Infatti più che un professionista preparato che studi e approfondisca le varie complesse questioni connesse alla gestione della crisi (comunque necessarie), appare favorito il professionista strutturato che possa permettersi di dedicare risorse al fine di esperire, in modo puntuale, gli adempimenti richiesti dalla legge. Tale conclusione scaturisce dal fatto che, soprattutto nella Provincia italiana, le attività svolte dai commercialisti, quali organi nelle procedure concorsuali e anche custodi delegati nelle esecuzioni immobiliari non è, e non potrà mai rappresentare, l’unica occupazione dello studio in quanto i redditi prodotti nel corso dello svolgimento di tali attività non permetterebbero, visti gli ammontari e la totale assenza di ciclicità nei flussi finanziari generati, la sopravvivenza dello studio.
Il combinato disposto di tali considerazioni fa immaginare un panorama per il futuro ove i professionisti che vorranno cimentarsi nelle attività giudiziarie dovranno unire le proprie forze in studi associati che permettano una sinergia e una razionalizzazione tali da poter offrire quell’efficienza e quella tempestività richiesta dalla legge, oppure dovranno creare strutture terze che permettano con i propri servizi di sopperire alle mancanze dei piccoli studi. Ciò tuttavia rappresenterà un ulteriore costo al quale il giovane commercialista chiamato a svolgere il suo ruolo nell’universo delle attività giudiziarie dovrà far fronte.
Proveremo a trattare tali argomenti durante un webinar che si terrà il prossimo 21 settembre, giornata in cui si ricorda e celebra S. Matteo Evangelista patrono della nostra categoria.
Marco Santoni
Presidente ODCEC Viterbo
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