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Domenica, 11 maggio 2025

LETTERE

Necessarie professionalità economiche nella magistratura tributaria

Mercoledì, 18 maggio 2022

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Gentile Redazione,
apprendo dall’articolo di Savino Gallo (si veda “Laureati in economia esclusi dalla nuova magistratura tributaria” del 17 maggio) che la bozza del provvedimento di riforma del processo tributario (Ddl. approvato dal Consiglio dei Ministri svoltosi ieri, ndr) punta a escludere i laureati in economia dal concorso pubblico per accedere alla magistratura tributaria.

Non ne faccio una questione di tutela sindacale della categoria, né di “discriminazione”, ma di utilità per i cittadini.
A mio avviso, uno dei problemi più rilevanti dei giudizi tributari della Cassazione verte proprio sul fatto che manca nella cultura dei giudici quella economica.

Ci si dimentica che la determinazione del reddito d’impresa è fondata non tanto dalle norme “legali” del testo unico, ma dalle norme che regolano il bilancio d’esercizio, i cui principi hanno natura essenzialmente economica. Tema che sarà sempre più rilevante al crescere dell’importanza dei principi contabili IFRS.
Ma non solo: la tecnica ragionieristica è del tutto estranea alla cultura legale: è difficile imbattersi in un avvocato che sappia leggere un bilancio e che conosca la differenza tra valutazioni, stime e congetture.
Per non parlare del rilevantissimo tema dei prezzi di trasferimento, che non ha proprio nulla di legale o fiscale (salvo le conseguenze) ma tratta unicamente di concetti economici molto “pratici”.

Neppure in ambito IVA gli aspetti economici sono estranei, per non parlare dell’imposta di registro ove i temi valutativi sono spesso decisivi: mi pare sia più competente un economista di un laureato in legge nella valutazione d’azienda, ovvero nel considerare se una certa combinazione di beni sia un’azienda.

Un esempio – ma solo uno tra tanti – lo abbiamo visto nell’incredibile andamento del contenzioso sul tema conferimento + cessione quote = cessione d’azienda, ove si è passati dalla pacifica legittimazione dello schema contrattuale al suo attacco fondato su supposti temi elusivi (inesistenti, perché a prendere tutte le imposte coinvolte la cessione d’azienda è persino più conveniente, stante la non imponibilità IRAP per il venditore e la rilevanza IRAP per l’acquirente), alla negazione degli effetti elusivi, passando alla riqualificazione tout court dell’operazione “in virtù del medesimo effetto economico”, e ora si prospetta un ritorno sui temi elusivi dopo la modifica normativa cui il Parlamento è stato costretto a metter mano. La mancanza di concetti economici, e la non considerazione che le due operazioni non possono essere messe sullo stesso piano economico (altrimenti per quale ragione il prezzo dell’operazione cambierebbe a seconda che si proceda nell’uno o nell’altro modo?), è stata la principale concausa di questo carosello infinito.

Pertanto quello che occorrerebbe per assicurare ai concittadini un giudizio tributario non solo imparziale, ma anche competente, è che nella magistratura tributaria, anche presso la Suprema Corte, siano introdotte professionalità economiche, soprattutto quando i temi fiscali riguardano il reddito d’impresa.
Fare il contrario, cioè escludere gli economisti persino nei giudizi di merito, aumenta le probabilità di incappare in giudici non competenti della materia di cui dovrebbero essere i migliori interpreti.


Giampiero Guarnerio
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano

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